GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA: dedicate all'edificazione del popolo di Dio
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Infatti, la Parola con cui il Signore ci ha chiamato ad appartenere a Lui in modo speciale e il SÌ che liberamente gli abbiamo risposto, ci porta a vivere in pienezza e senz'altro la vocazione battesimale, secondo tre consigli che Gesù stesso ha raccomandato: sono i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza nei quali ci siamo impegnate per sempre facendo voto, non solo a parole ma con tutta la nostra vita.
Professare la castità nella nostra vita di consacrazione a Dio significa cercare di custodire il nostro cuore libero da legami personali tenuti esclusivamente per noi stesse e da legami di dipendenza e di dominio verso gli altri.
Vivere la povertà significa custodire il nostro cuore libero da quei legami che ci rendono schiave delle cose desiderate, ottenute con o senza fatica, possedute, trattenute per noi stesse e non condivise.
Vivere l'obbedienza significa custodire il nostro cuore libero dal nostro egoismo e da quelle preoccupazioni personali che ci rendono tristi, ansiose o arrabbiate...
Donne consacrate diocesane a confronto sulla carità pastorale
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«Carità pastorale, sorgente e forma della nostra vita»: questo è il tema del terzo incontro annuale delle diocesane. Sabato 18 gennaio, a un mese dall’incoraggiante incontro con papa Francesco, le Ausiliarie diocesane di Milano, le Cooperatrici di Treviso e Vicenza e le Collaboratrici apostoliche di Padova, si sono incontrate a Desenzano, insieme ai loro assistenti ecclesiastici, per una riflessione comune sulla loro vocazione di consacrazione per la Chiesa diocesana.
La giornata è stata aperta dalla relazione di don Andrea Toniolo, docente della facoltà teologica del Triveneto. Il suo contributo, centrato sul carisma delle «Diocesane» in relazione alle sfide della Chiesa locale, ha sottolineato il cambio di prospettiva avviato dal Vaticano II, rispetto al modo di intendere la pastorale: fare pastorale significa discernere come realizzare la Chiesa in un luogo e in un tempo. In questa prospettiva, in virtù della comune vocazione battesimale di tutto il popolo di Dio, la carità pastorale va pensata come partecipazione all’opera di Dio nella storia e come dono di sé, a immagine di Cristo buon pastore, superando un’ottica funzionale e clericale, ancora molto diffusa nei nostri contesti. Don Andrea ha mostrato alcune sfide ecclesiali dell’oggi da raccogliere da parte delle «Diocesane», che assumono la pastorale come propria missione: l’impegno a favorire il discernimento come stile delle comunità cristiane per maturare nella sinodalità; la testimonianza di dedizione pastorale da parte delle donne e infine la questione del riconoscimento anche «formale» di professionalità e competenze. L’intervento di don Andrea ha suscitato un ricco confronto nei gruppi, in cui sono emerse visioni comuni del servizio pastorale, pur nella differenza della realtà delle Chiese locali. Nel pomeriggio la riflessione si è ulteriormente arricchita con una tavola rotonda, in dialogo con Monsignor Franco Agnesi, vicario generale di Milano, don Leopoldo Voltan, vicario per la pastorale di Padova e don Giuliano Brugnotto, assistente delle Cooperatrici di Treviso. A loro è stato chiesto di delineare, in base alla loro esperienza e conoscenza, le risorse e le criticità che questa realtà di consacrazione femminile incontra. L’incontro si è concluso con il desiderio di trovare modalità per condividere le riflessioni elaborate, perché possano diventare patrimonio anche delle Chiese locali e contributo all’elaborazione del modo di essere Chiesa.
Francesca Scotton, Cooperatrice pastorale diocesana di Treviso
Integrare i saperi della testa, del cuore e delle mani (Christus Vivit, 222)
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VORREI RISORGERE DALLE MIE FERITE/3
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Pubblichiamo un articolo raccolto da Riccardo Maccioni
Intervista ad Anna Deodato
Avvenire 23/02/2019
Leggi le "Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili"
TROPPI SILENZI SULLE SUORE VITTIME DI ABUSI
Parla Anna Deodato che svolge un servizio di ascolto e di accompagnamento a Milano: «L'esito del summit dipende dalla capacità di ascolto dei cuori feriti»
Cambiano le storie e i percorsi ma un dato emerge da tutte le testimonianze: l’abuso è un’esperienza di morte. Lascia ferite profonde, difficili se non impossibili da guarire. Si tratta di ritornare a vivere, di ridare un senso alla propria esistenza, di ricominciare ad accettarsi, superando innanzitutto la vergogna degli innocenti. Quella che ti fa sentire responsabile di qualcosa che non hai commesso. E poi c’è bisogno di coraggio, tanto coraggio, per denunciare. A dispetto dei silenzi complici di chi ti circonda. No, non è facile. Soprattutto se sei una donna e la violenza si consuma in un luogo che dovrebbe ispirarsi alla logica del Vangelo. L’ha sottolineato con chiarezza il Papa di ritorno dal viaggio ad Abu Dhabi, richiamando la deriva culturale, purtroppo tuttora presente in molti Paesi, per cui la donna, sono parole sue, «è ancora considerata di seconda classe».
VORREI RISORGERE DALLE MIE FERITE/2
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Pubblichiamo l'articolo intervista apparso su LA STAMPA e IL SECOLO XIX il 18.02. 2019
Intervista ad Anna Deodato
A cura di Iacopo Scaramuzzi
Leggi le "Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili", 24.06.2019
L'ABUSO DELLE RELIGIOSE E' UN FENOMENO ANCHE ITALIANO
L'abuso delle religiose è un fenomeno «diffuso» anche in Italia. Anna Deodato, membro del Consiglio di presidenza del Servizio nazionale per la tutela dei minori della Conferenza episcopale italiana, spiega che «il clericalismo è una piaga presente anche nella nostra Chiesa italiana» e sottolinea che «l'abuso sessuale accade come ultimo, tragico atto di una serie di abusi di potere e di coscienza». La religiosa dell'Istituto delle Ausiliarie diocesane di Milano si attende che la Chiesa tutta e i vescovi in particolare escano dal vertice convocato da Papa Francesco in Vaticano, da giovedì a domenica prossima, più credibili e coraggiosi, avverte che è necessario «passare dalla curiosità che si nutre dello scandalo, ma poi comunque lascia tutto come prima, alla coscienza del dolore che un abuso provoca» e auspica che «la Chiesa faccia spazio all'ascolto femminile capace di accogliere la paura che l'abuso imprime nel cuore e nel corpo della vittima e trasformarle in una nuova vita».
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