ANNIVERSARI:Come Israele a Sichem
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Mi accade da qualche tempo: quando alla sera rivedo la mia giornata sono sopraffatta da un sentimento. Mi sento come il popolo di Israele, radunato a Sichem da Giosuè, giunto ormai alla fine della vita, e da lui accompagnato non solo a conquistare la terra promessa, ma anche a rileggere il cammino fatto e a scoprire in esso la presenza costante amorevole del Signore. Riascolto quelle fatidiche parole (che traduco letteralmente) con cui termina l’anamnesi: «Vi diedi una terra per la quale non avete faticato, e città che non avete costruito: voi state abitando in esse! E vigne e oliveti che non avete piantato: voi state mangiando!» (Giosuè 24,13). Io sto mangiando! C’è un’enorme sproporzione tra la fatica della giornata e il frutto; c’è un’enorme sproporzione tra ciò che si lascia e ciò che si trova.
ANNIVERSARI: Al pozzo di Sicar
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Testimonianza di Daniela Mapelli, nel 25' anniversario di consacrazione
Abito in Samaria, la regione di mezzo tra la Galilea degli inizi e la Giudea del compimento di ogni vocazione ed è proprio il mezzogiorno l’ora della vita che sto attraversando.Dopo venticinque anni di consacrazione, mi ritrovo nello spazio e nel tempo della pagina del quarto capitolo di Giovanni (Gv 4, 5-6) e, presa dentro la narrazione, lascio che sia Gesù affaticato dal viaggio a rispondere alla sete di vita dei miei giorni. Anch’io sono affaticata da un ridondante senso di vuoto e di inutilità, dalle delusioni che io porto a me stessa, dalle attese di buoni risultati pastorali che arrivano sempre meno e, forse per questo, non mi è difficile entrare in confidenza con Gesù affaticato dal viaggio. Mentre a Lui racconto di me, in modo del tutto inaspettato, nel suo e nel mio affaticamento intravvedo l’inizio di una vitalità nuova: i sogni prendono forma concreta, l’ideale diventa realtà, il momentaneo grido di entusiasmo diventa un sussurro di gioia duratura e un senso profondo di gratitudine si impone sull’insoddisfazione.
ANNIVERSARI: Una confidenza di questo tempo
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Cleopa e il suo amico, nel cammino da Gerusalemme a Emmaus, continuano a parlare tra loro per cercare di comprendere le parole, i gesti, il messaggio di Gesù, quel Gesù che hanno conosciuto, affiancato, amato e seguito nella quotidianità.
Mi piace pensare che anche per me tutti questi giorni vissuti con Gesù - immersa nella sua vita, nel suo amore… in ogni particolare della semplicità di gesti quotidiani - siano proprio per comprendere sempre di più la sua Parola i suoi gesti, il suo amore immenso e infinito per ciascuno.
ANNIVERSARI: In ascolto di Dio che matura l'orzo intorno alla mia casa
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Cerco le parole per raccontare la bellezza di questi quarant’anni donati al Signore pienamente, per sempre, nella vita consacrata come Ausiliaria Diocesana di Milano e mi accorgo che alla mia piccola vita donata corrisponde tanta vita ricevuta. In questo senso, dovrei raccontare di quarant’anni nei quali, non io, ma il Signore stesso si è fatto dono per me, si è donato pienamente a me…come una benedizione!
La gioia per gli anniversari di consacrazione
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Il 1972 è una data significativa perché segna un punto di svolta nelle origini del nostro Istituto: il discernimento fatto a quei tempi, dalle giovani e dalla Chiesa diocesana, attorno all'intuizione del card. Montini portò alla Prima professione dei voti di castità, povertà e obbedienza e alle prime esperienze pastorali. Ecco il ricordo grato di Angelina, che il 28 maggio, insieme al Vescovo e alle altre consacrate presenti in Diocesi, ricorderà i 50 anni di consacrazione, con i 40 di Nuccia Marnati, Rosanna Marzorati ed Elena Vitali e i 25 di Laura Invernizzi e Daniela Mapelli.
Il 29 agosto 1972 ho detto il mio sì “pieno” al Signore.
Una data lontana ma presente puntualmente nella mia vita di donna consacrata.
Il Signore mi aveva chiamata a fare un salto – se non proprio nel buio – per una partenza coraggiosa, perché l’Istituto delle Ausiliarie Diocesane era in una fase embrionale.
Comunque esso era frutto dello Spirito che illuminava il pastore della nostra Diocesi – l’Arcivescovo Montini – che intravvedeva le nuove necessità pastorali.
Ma c’era un altro motivo che mi sosteneva: ero “figlia” di un Concilio Ecumenico che aveva aperto la mente e il cuore di tutta la Chiesa e ne avevo gustato la bellezza.
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