5. SAN GIUSEPPE: modello di genitorialità
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Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze. Forse per questo, accanto all’appellativo di padre, a Giuseppe la tradizione ha messo anche quello di “castissimo”. Non è un’indicazione meramente affettiva, ma la sintesi di un atteggiamento che esprime il contrario del possesso. La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui. La logica dell’amore è sempre una logica di libertà, e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera…. La paternità che rinuncia alla tentazione di vivere la vita dei figli spalanca sempre spazi all’inedito. Ogni figlio porta sempre con sé un mistero, un inedito che può essere rivelato solo con l’aiuto di un padre che rispetta la sua libertà.
4. SAN GIUSEPPE: modello di vita secondo lo Spirito
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«Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo» (Mt 2,13).
E’ l’ordine che il Signore rivolge a Giuseppe tramite il suo angelo quando, per la seconda volta, lo visita in sogno. Quello che più colpisce e interroga è la prontezza e la docilità con la quale Giuseppe obbedisce: senza esitazione, senza farsi domande sulle difficoltà cui sarebbe andato incontro: «Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode» (Mt 2,14-15).
Non è facile comprendere cosa ci sia stato nella mente e nel cuore di Giuseppe al suo risveglio…Immagino un conflitto di pensieri e stati d’animo diversi ad un certo punto illuminati da un unico grande desiderio: lasciarsi docilmente guidare da Dio e dal suo Spirito, da quel Dio di cui Giuseppe aveva imparato a fidarsi e della cui bontà, fedeltà e compagnia aveva fatto già esperienza quando, fortemente angustiato davanti all’incomprensibile gravidanza di Maria, per la prima volta gli aveva rivelato la sua volontà attraverso un sogno.
3. SAN GIUSEPPE: l'uomo riconciliato con la sua debolezza
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Credo non ci sia nulla di più evocativo e sintetico per parlare di riconciliazione che l’immagine del Padre misericordioso che tiene abbracciato il figlio tornato dopo un lungo vagare.
In quel silenzioso abbraccio che ciascuno – ne sono sicura – vede già davanti a sé se soltanto lo richiama alla memoria, c’è tutta l’essenza dell’Amore gratuito, di cui il perdono è il vertice più alto.
È l’Amore del Padre nei confronti del figlio che s’era perduto, certo; è l’amore del figlio che ritrova il legame costitutivo nei confronti del Padre; ma è anche amore del figlio per sé stesso, non possiamo negarlo!
Dentro quell’abbraccio sta la possibilità di ricominciare ad esistere da figli amati e amanti.
2. SAN GIUSEPPE: l'uomo del dono totale di sè
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Quante frasi sul dono sono state scritte, quante ne abbiamo ricevute, magari anche in questi ultimi tempi, da persone amiche come messaggini di buongiorno o buonanotte sui vari social…
Inizio, allora, anch’io citando una frase, biblica: “Dio ama chi dona con gioia!” che ritroviamo nella seconda lettera ai Corinti scritta da San Paolo.
Pensando alla figura di S. Giuseppe, così come proposto nella lettera del Papa, non si tratta solo di donare cose, tempo, denaro o altro, ma la vita stessa. Prendendo a prestito l’immagine di un albero: non si tratta di donare solo un frutto o un ramo, il tronco … ma tutto l’albero, e a partire dalle radici!
A questo proposito, ricordo un piccolo racconto popolare cinese dal titolo “Bambù”. Protagonista un albero che si lascia fare dal Signore che ha bisogno di lui: viene abbattuto, spogliato delle foglie, spaccato in due, estirpato il cuore … ma così facendo, collegato alla fonte, diventa un canale per portare acqua al campo arido.
1. SAN GIUSEPPE: l'uomo dal coraggio creativo
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Come immagini una persona creativa? Certamente una persona piena di risorse, originale, capace di vie nuove e probabilmente anche un po’ sopra le righe... Certamente non la immagino come una persona “costretta” a determinati itinerari e capace di obbedire a ciò che la vita gli domanda. Il creativo che immagino è un po’ ribelle, un po’ fuori dagli schemi e certamente ostinatamente libero.
Poi mi immagino Giuseppe che cammina un passo dietro l’altro, un giorno dopo l’altro, obbedendo a dei sogni che gli indicano strade inedite ma certamente inaffidabili. Dopo la lettura del Patris Corde lo sorprendo proteggere Maria e Gesù con tutte le sue forze perché affidati alla sua responsabilità, alla sua cura, alla sua custodia, con una tenerezza e una dedizione che scaccia ogni desiderio di emergere e di essere uno che si distingue dagli altri.
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