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Avvento 2: Lasciare su una promessa

25 novembre“Il Signore mi benedice, dice bene di me e della mia storia; me l’ha promesso e questo mi basta”.
Non siamo lontani dal vero, immaginando l’eco di queste parole nel cuore e nella mente di Abramo, pellegrino nella fede. E volentieri continuiamo a seguire la danza dei suoi pensieri…
“Era di nuovo il momento, non si poteva più rimandare. Era nel conto, per pastori semi-nomadi ogni accampamento è provvisorio!La stabilità non era per noi. Per l’ennesima volta avremmo lasciato il luogo che ci aveva provvisoriamente ospitato, per trasferirci poco oltre, alla ricerca di terreni fecondi, in grado di sfamare –almeno per un po’ –l’intera famiglia e il nostro bestiame.
Eh sì, potremmo dire che la nostra è una vita mai sazia, siamo sempre in movimento: arriviamo in un posto, consumiamo tutte le risorse che una terra ci offre e, una volta esaurito un terreno, via, alla volta di un altro che possa continuare a soddisfare il nostro bisogno di sussistenza.
Mentre questi pensieri abitavano il mio cuore, osservavo Sara, mia moglie e rivedevo in lei gli stessi sentimenti di stanchezza, amarezza e delusione. Era all’interno della tenda, stava raccogliendo le poche cose che una vita così ci permetteva di avere, per essere pronta, al sorgere del sole, per la nuova ennesima partenza. Ogni volta più difficile. Era l’età avanzata la causa di tutta quella pesantezza? Forse, ma non era solo quello. Sentiva, anche lei, tutta l’inutilità di quelle azioni, che già tante volte aveva compiuto e chissà per quante altre avrebbe dovuto ripetere. Perché? Per chi? Eh sì, la questione era sempre quella, tutto tornava sempre lì, al macigno frustrante del nostro animo: il suo grembo non aveva generato nuova vita, non era diventata madre, neanche un figlio… Il Signore non aveva benedetto la nostra famiglia… Che senso dare allora a tanta fatica?Avevamo tutto, ma anche questa nostra ricchezza – proprio come la nostra dimora - era provvisoria e alla nostra morte, nostro erede sarebbe stato un servo, un domestico, Elièzer di Damasco. La storia della nostra famiglia si sarebbe esaurita con noi.

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Avvento 1: Sentieri nel suo cuore

Photofox«Siamo un popolo in cammino nella precarietà nomade»: l’immagine del cammino, metafora della vita, è indicata nella lettera pastorale dall’Arcivescovo Delpini come filo conduttore dell’anno (cfr. Cresce lungo il cammino il suo vigore, 8). Essa ha un valore pressoché universale ed è presente nelle culture e nelle letterature antiche come in quelle contemporanee. 

La Bibbia non fa eccezione e, anzi, a più livelli vi ritorna: dal racconto delle origini del popolo che Dio si è scelto, traendolo fuori da una famiglia di migranti, al continuo peregrinare di singoli e gruppi nella prosecuzione della storia, fino all’indicazione – per i cristiani – di un modo di stare nel mondo senza possederlo, come «stranieri e pellegrini» (2Pt 2,11). I passi del cammino, i suoi pericoli, i differenti terreni che attraversa, le svolte, gli incontri e i discorsi che vi si fanno, le sue tappe diventano così rimando ad altro, se vissuti in dialogo con l’Altro. 

«Beato l’essere umano che ha in te la sua forza – canta il Sal 84,6 – sentieri nel suo cuore»: mi piace lasciare indefinito, come nel testo ebraico qui tradotto letteralmente, a chi appartengano questi sentieri: sono sentieri nuovi, messi da Dio o sono i sentieri umani che, finalmente, in Dio, trovano il modo per districarsi dalle angustie, dagli ostacoli, dalle paure che diventano punto di partenza per nuovi passi? Chi cammina ponendo la sua forza in Dio, vede crescere il suo vigore lungo il cammino (Sal 84,7), sentendo Dio alleato e i propri desideri dilatarsi alla misura della Speranza. 

In questo tempo di Avvento e di Natale, la nostra proposta di preghiera presenterà l’itinerario di alcuni personaggi biblici: mettendoci in risonanza con i loro cammini, ci fermeremo su qualche caratteristica che tocca anche la nostra vita, per dialogarne con il Signore con le parole dei Salmi.
    • 18 novembre 2018: Sentieri nel suo cuore (Sal 84,6)
    • 25 novembre 2018: Lasciare su una promessa (Abramo)
    • 2 dicembre 2018: Camminare al contrario (Giona)
    • 9 dicembre 2018: Camminare nella perseveranza (Rut) 
    • 16 dicembre 2018: Camminare è accompagnare (Mosè)
    • 23 dicembre 2018: Dalla carne alle cose del Padre (Maria) 
    • 6 gennaio 2019: Ritornare per un’altra via (i Magi)
    • 13 gennaio 2019: Camminare e scendere (Gesù, battesimo) 


Prima di andare, prega con il Salmo 84:

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L’alba del primo giorno

Non temete, perché il crocifisso non è qui, è risorto! Guardate il segno! Presto, andate ad annunciarlo ai fratelli: vi sta davanti in Galilea!

Passato il sabato del silenzio e della violenza
è davvero possibile l’alba di un giorno nuovo? È possibile una nuova storia, un nuovo racconto?

È l’alba di un giorno nuovo ogni volta che ascolto la buona notizia che proprio colui che è stato crocifisso, proprio lui si è risvegliato dalla morte. È l’alba di un giorno nuovo quando un inviato mi dà testimonianza che qualsiasi dono/sacrificio d’amore non muore ma produce vita.

L’alba del primo giorno è il tempo in cui aprire gli occhi e riconoscere i segni di questa promessa di vita; di più, è il tempo della mia responsabilità di produrre segni di risurrezione, prendendomi cura delle ferite degli uomini e donne che incontro.

L’alba di una storia nuova è il tempo della riconciliazione, di chiamarci con il nostro vero nome: fratelli e sorelle.

Questa è la buona notizia di cui vivere e che ho la responsabilità di portare a mia volta, con parole e gesti. Torno in Galilea raccontando e propiziando per tutti una storia nuova, radicalmente diversa da quella della paura, dell’egoismo, della sopraffazione, della violenza. Torno nella mia Galilea mettendomi di nuovo, con gioia e generosità, alla sequela del Maestro che lì continua a starmi davanti, a indicarmi la strada del dono di sé.

Cristina Viganò

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Le notti in una notte

«Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo» (Mt 26,30).

Ci mettiamo tra quegli uomini e quelle donne che hanno seguito stabilmente Gesù. Quanta strada abbiamo fatto insieme, quanti incontri, quante giornate piene di folle da non riuscire a mangiare o a riposare! Ed ora in questi ultimi giorni, con una strana sensazione che ci abita il cuore, ascoltiamo parole che non comprendiamo. I giorni hanno lasciato spazio alla sera ed ora alla notte: siamo nel buio, anche le stelle (i desideri) sembrano non brillare, siamo in quel silenzio dove i pochi suoni sembrano essere urla rimbombanti… Entriamo in questa notte e ci chiediamo se è quella di Giuda, di Pietro, degli altri (e con loro, se è la nostra) o se è la tua Gesù. Una notte che non vorremmo attraversare!

Giuda se ne è uscito dal cenacolo con il boccone del Pane appena preso ed è immerso nella notte (Gv 13,30). Risucchiato dal buio e dalla distanza si allontana da Gesù, è nel buio di una logica umana fatta di calcoli che non lasciano spazio alla fiducia, che fanno della diversità la porta della paura, logica che non aiuta ad alzare lo sguardo.

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Venuta la sera

«Venuta la sera, Egli arrivò con i dodici»(Mc 14,17).

L’arrivare di Gesù a tavola, dice una preparazione remota, profonda, lontana nel tempo.

Gesù giunge alla sera, dopo una giornata faticosa e lunga, forse ancora più impegnativa di quella vissuta a Cafarnao, quando davanti alla porta della città gli avevano condotto malati e indemoniati (Mc 1,32)

Ora non si tratta più di guarire ‘alcuni’ da infermità: è l’umanità intera che – ora – ha bisogno di Lui, del suo Corpo, del suo Sangue. Gesù giunge a questo appuntamento ben preparato: arriva in una sala al piano superiore che – in precedenza – aveva ordinato di sistemare; giunge in compagnia dei suoi amici più cari, al temine di un tempo faticoso e bello, ancora col profumo che la donna di Betania, poche ora prima, gli aveva versato sul capo.

Con lui giungono anche i suoi discepoli, anche loro – possiamo immaginarlo – dopo una giornata impegnativa: tra di loro, uno si era appena recato dai sacerdoti; altri si erano dati da fare per cercare la sala e addobbarla con cura; altri, è lecito pensare, avranno fatto la spesa e preparato il cibo.

Tutto, alla fine, è pronto per la grande cena di Pasqua!

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