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DAL CAMMINO ALLA CORSA: È RISORTO CRISTO!

rexIl testo di questo canto pasquale si apre con un’immagine di luce e con la dichiarazione di una svolta, con l’annuncio di un nuovo inizio “È un alba nuova, risorto è Gesù”
Sì, perché la Pasqua è l’irruzione (“rubando” le parole e alcuni spunti all’omelia pasquale del 2013 di Francesco Muraglia, patriarca di Venezia), nella storia, della salvezza cristiana.
La fede nasce in questo giorno in cui Cristo vince la morte: la vera realtà si fa strada, così, nella storia di uomini.
L’intera creazione ne viene rinnovata – il tempo, la natura, gli eventi piccoli della vita individuale o quelli grandi a livello di collettività - tutto assume un significato nuovo. Cristo ha raggiunto la “definitività” e noi ne siamo testimoni.
La nostra gioia, di cui avvertiamo l’urgenza di annunciare al mondo, non può che sgorgare da questa radicale novità.

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DAL CAMMINO ALLA CORSA / 3 Tornare senza indugio al luogo del delitto

articolo 3 Silvia M autore ArcabasSi può dimorare nel luogo del dolore?
Si può permanere laddove è esplosa la violenza?
Si può persistere nello spazio in cui è stata crocifissa la speranza?

«Le Tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono… sono pure dei discepoli di Cristo». L’evangelista Luca sembra volerci comunicare che dall’esperienza dell’afflizione, perfino i seguaci di Gesù prendono le distanze. I discepoli, dopo la morte cruenta del Maestro, si muovono in direzione opposta - con un certo disincanto - verso Emmaus, la città il cui nome “primavera mite” esprime la ricerca di una tregua dallo spasmo del male. Ma la geografia del territorio ci rivela un cammino lento e in salita!

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DAL CAMMINO ALLA CORSA / 2 CORREVANO INSIEME TUTTI E DUE

articolo 2 Annarosa autore Eugène BurnandErano lì, rinchiusi in quella stanza, ormai da due giorni interi. Così diversi e così simili.
Pietro, decisamente impulsivo e forse un po’ arcigno, era sempre il primo a giocarsi, a rispondere. Forte, ma anche fragile. Nel ripensare a tutti i momenti trascorsi con il Maestro, tra la folla o nell’intimità coi Dodici, l’ultimo episodio era quello che gli rodeva maggiormente: aveva rinnegato per tre volte il suo Signore, proprio come gli aveva predetto. Lui che gli aveva assicurato che non lo avrebbe mai abbandonato, che l’aveva difeso a colpi di spada al momento dell’arresto, si era poi lasciato intimorire da una giovane portinaia e da qualche servo (Gv 18,17.25-27). Codardo? Come era potuto succedere? Aveva fallito; non era stato all’altezza.
Giovanni, invece, la tradizione ce lo ricorda come il più giovane; il Vangelo lo chiama il discepolo amato, il prediletto. Lo immaginiamo di carattere gentile e sensibile, soprattutto perché così lo dipingono numerosi artisti. Lui non aveva mai abbandonato Gesù e l’aveva seguito fino sotto la croce. Delicato e audace. Anche lui, ora, rifletteva sul suo rapporto con Gesù e soprattutto a quelle ultime parole che gli aveva rivolto poco prima di morire: “Donna, ecco tuo figlio!... Ecco tua madre!” (Gv 19,26-27). Cosa gli aveva voluto dire? La sua era proprio una partenza definitiva? Non era pronto per questo distacco radicale, era ancora troppo giovane, aveva ancora bisogno di Lui. E poi, che compito gli aveva lasciato?

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DAL CAMMINO ALLA CORSA / 1 LE DONNE DELLA RISURREZIONE

articolo 1 Lilly Monga autore G. Cordiano1Leggiamo il brano della Resurrezione di Gesù dal Vangelo secondo Matteo, tenendo sullo sfondo anche i racconti degli altri Vangeli: pare proprio di vedere queste donne avvicinarsi al sepolcro mosse dal desiderio di “servire” il loro Maestro anche in questo ultimo momento.
Sono le donne discepole che sono state testimoni della morte di Gesù e della sua sepoltura.
Il Vangelo di Marco ce le presenta molto preoccupate e impaurite.
Nel brano di Matteo, invece, nonostante il terremoto, che annienta le guardie, le donne sanno fermarsi ad ascoltare l’annuncio e la richiesta dell’angelo del Signore.
Egli le rassicura, annuncia loro la Risurrezione e le aiuta a ricordare le Parole di Gesù.
Quindi le invita a muoversi, “presto”, per poter portare l’annuncio ai discepoli.
Le donne partono in fretta e corrono per tornare al Cenacolo, dove sanno di trovarli.

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ANDARE IN PROFONDITA'/5: Quello che le donne vedono: tra croce e sepolcro

Quando Gesù muore i suoi discepoli non ci sono. Pietro, che aveva tentato di seguirlo da lontano nella passione, è rimasto scandalizzato. Forse egli è ancora presente anche nel luogo del Cranio, tra quelli che stanno lontano (cfr. Lc 23,49), ma non se ne fa menzione. La lontananza e l’assenza, in ogni caso, esprimono entrambe la fatica a riconoscere colui nel quale si erano riposte tutte le speranze in quell’uomo crocifisso e ormai morto. L’immagine che si ha di Dio come Dio potente, infatti, talora può impedire di riconoscere davvero Dio.

La croce è certamente un banco di prova per ogni discepolo. È lì che si vedono i veri discepoli, quelli che – anziché fuggire – vengono alla luce e tra i discepoli che si rivelano tali solo in questo momento, oltre a Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, c’è un gruppo di donne.

Non sono le donne di Gerusalemme, che hanno accompagnato la salita di Gesù al Calvario, piangendone la sventura: dopo la morte di Gesù, esse, che sono ripiegate nel lamento, non vengono più nominate. Al loro posto emergono altre donne, cui il Vangelo attribuisce le azioni tipiche dei discepoli. Nel Vangelo di Luca la loro presenza con i Dodici era stata ricordata fin dal capitolo 8, ma solo ora si dice che queste donne «avevano seguito» Gesù fin dalla Galilea, come i discepoli. «Seguire», infatti, è il verbo tipico del discepolo.

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CARLO MARIA MARTINI E GLI ANNI DI PIOMBO

 

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