Santità seminata in mezzo alla gente
In questi giorni il silenzio penetra nelle nostre case e diventa perfino assordante. Silenzio che diventa anche urlo, urlo silenzioso della "quarantena", dello "stare in casa". Mi sembra di essere inutile. Tanti in prima linea e io ...
Le giornate si susseguono tutte uguali, cerco di mantenere gli orari di tutti i giorni, di trovare modi diversi per continuare a vivere quella realtà che sento mia e che prendo dallo Statuto n. 8 "evangelizzare è la grazia e la vocazione a cui mi dedico, è la nostra identità più profonda". E non mi sento "speciale".
Credo con tutta me stessa l'importanza del "lascia correre" la Parola. Oggi è ciò che ci è rimasto (no alla celebrazione, no agli incontri, no ..., no ...), rimane la potenza della Parola che ha in sé la forza della Creazione: Dio disse e tutto fu.
Credo che questa forza si può tradurre anche in questi giorni. La potenza della Parola creatrice è presente anche su queste strade vuote e silenziosi delle nostre città, paesi, villaggi.
Di conseguenza mi impegno, usando dei mezzi tecnologici a disposizione, a fare in modo di arrivare ai bambini, agli adulti, agli amici con questa Parola creatrice che genera conforto, bellezza, forza ... perfino gioia.
Ma i giorni passano, i restringimenti aumentano (e già io mi ritengo fortunata: casa grande, senza uscire posso usare della Chiesa ogni ora del giorno e della notte, posso pure tenerla curata. Anche degli ambienti grandi interni e sterni dell'oratorio. Tante famiglie invece sono chiuse in ambienti veramente piccoli, soprattutto per dei bambini).
Tutte presenti 24 ore su 24, non siamo abituate. Di solito non abbiamo, per fortuna, tutto questo tempo insieme da condividere. Ma adesso sì.
QUARESIMA: La situazione è occasione/6 - La fine

Se la proiezione ha appagato le mie aspettative, esprimo in tanti modi il buono di un insegnamento ricevuto, il bello della trama che si è districata, la verità dell’obiettivo raggiunto.
Se invece la pellicola non mi è piaciuta, me ne esco di solito con uno stiracchiato: “Finalmente è finita!”…ma, in tutti i casi, LA FINE, nel suo pieno significato, è IL FINE dell’oggetto o della situazione in esame. In altre parole, non solo nei ragionamenti di chi è filosofo (e… chi non lo è!?) ma anche nei minimi termini della concretezza, la fine è compimento!
Le strade interrotte, i compiti non portati a termine, le cose lasciate a metà non aggradano nessuno, forse semplicemente perché siamo fatti bene e sentiamo il richiamo fortissimo delle nostre origini che attingono e straripano dalla Sorgente inesausta e inesauribile della Vita che è il Creatore.
È evidente che siamo liberi di mettere una pietra sopra tutto quanto ci parla della mortalità umana, della morte dei sogni, degli affetti, della cultura e anche del logoramento e della morte delle cose materialmente intese. Siamo liberi di deviare il percorso e di non guardare in faccia la morte o di far finta che la morte non abbia a che fare con noi… Siamo liberi di mettere la testa sotto la sabbia, come lo struzzo, ma… che tristezza!
Grazie Gesù, nostro Maestro… Grazie, Gesù Cristo, nostro Salvatore…Grazie perché in quella pietra fredda, rotolata all’entrata del tuo sepolcro scavato nella roccia, anche oggi noi inciampiamo (Mc 15, 46-47). Inciampiamo e gridiamo allo scandalo e gridiamo che vita e morte non hanno senso.
QUARESIMA: La situazione è occasione/5 – Gli incontri

Contemplare nella preghiera Gesù che porta la croce e coloro che incontra sul suo cammino mi richiama ad uno sguardo più vero e profondo verso i miei compagni di strada.
«Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.
Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.» (Lc 23, 26 - 27)
C'è chi, come Simone di Cirene, si trova a portare la croce: stava andando per la sua strada, ma un incontro inaspettato lo ferma e gli dà un "incarico", anzi un "carico".
Oltre ad essere un carico pesante, la croce è anche un ostacolo, qualcosa da evitare: me la trovo sulle spalle e vorrei che fosse qualcun'altro a portarla e così, rischio di vedere nel dolore degli altri un fastidio da allontanare, senza avere il coraggio di prendere la mia e la loro croce.
QUARESIMA: La situazione è occasione/4. Le invidie e le critiche

Mi colpisce il contesto assembleare nel quale avviene la scena: Gesù viene condotto nel Sinedrio, luogo, per eccellenza, deputato alla causa della verità e del parlare giusto. Non mi sorprende che l’accusa cerchi prove per sostenere il suo punto di vista, sono, viceversa, i “molti” ad attirare la mia attenzione. Desiderano portare tutti nell’errore, alterando la realtà e raccontando fatti che non esistono, grazie al ricamo ad arte di parole cariche di opposizione. Non a caso il Vangelo ci ricorda che le testimonianze “non erano uguali”, potremmo anche dire che le testimonianze non erano piane, concordanti verso quella verità che intendevano sostenere. Tutti però conosciamo la decisione del Sinedrio: La Parola-Gesù “Io Sono” è stata valutata rea di morte. Il cuore di Dio è stato pubblicamente crocifisso dal parlare sordo e cieco dei molti e dall’incredulità dei saggi al di sopra di ogni sospetto.
Carlo Maria Martini e gli anni di piombo

«Silvia Meroni riesce a rappresentare in modo efficace il travaglio personale di Martini, naturalmente dalla parte delle vittime e dei familiari, ma proteso anche a cercare di incidere sulle scelte degli assassini. Dagli uni ha rischiato critiche e incomprensioni. Dagli altri il pericolo era la strumentalizzazione. Il prezzo della complessità, della coscienza e della coerenza passa anche di lì. Ma le insidie non hanno dissuaso il Cardinale dall'avventurarsi su questa strada».(dalla Prefazione di Marco Garzonio)
«Il più evidente filo rosso che attraversa queste pagine è costituito dal dialogo che il vescovo di Milano ha intessuto con i familiari delle vittime del terrorismo, che l'autrice ha ricostruito principalmente attraverso la documentazione disponibile e gli incontri personali con i figli e le vedove delle vittime. La testimonianza di questo dialogo, che si è svolto quasi sempre lontano dai riflettori e che in alcuni casi non si è mai interrotto, risulta oggi particolarmente preziosa, anzitutto perché sul piano storico colma una lacuna e ci restituisce il volto di un vescovo che si è lasciato interpellare dalle vittime della violenza terroristica». (dalla Postfazione di Alberto Conci e Francesco Scanziani)
Leggi anche:
La via di Martini per curare l’Italia - Marco Rizzi - Anteprima del Corriere della sera
Il cardinale Martini di fronte agli anni di piombo - Chiesa di Milano
Videoconferenza del 9.05.2020: Le fatiche di un vescovo e le voci dei testimoni
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