Jihad interiore e comandamento dell'amore: il Papa negli Emirati arabi
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Con questo post condiviso su twitter papa Francesco commenta il momento storico a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi; sono parole che racchiudono il senso e la profezia di questo viaggio.
La prima visita di un pontefice negli Emirati Arabi, culla dell’Islam, che avviene 800 anni dopo l’incontro tra San Francesco e il sultano Malik al-Kamil, porta infatti con sè qualcosa di straordinario e nuovo che merita attenzione: lontano dall’essere un semplice incontro formale o di cortesia, esso è realmente animato da uno spirito innovativo e segna un importante e decisivo passo nel cammino del dialogo interreligioso e nella costruzione di nuove forme di convivenza sociale e di pace tra i popoli.
Il viaggio è nato per partecipare all’incontro interreligioso sulla Fratellanza umana organizzato dal Consiglio musulmano degli anziani, un’associazione islamica promossa dagli Emirati per il dialogo e la pace, a cui hanno partecipato 700 leader mondiali di diverse fedi tra cui cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, indù. Sono dati importanti da rileggere anche alla luce del fatto che negli Emirati, a differenza dei paesi vicini, la libertà religiosa è rispettata e garantita anche dall’esistenza dei diversi luoghi di culto.
Al centro di questo viaggio è l’incontro tra Papa Francesco e il grande Imam di Al-Azhar, l’egiziano Ahmed Al-Tayyeb, la più alta autorità religiosa del mondo sunnita. Si sono incontrati per la prima volta al Cairo nel 2017 e da allora si chiamano fratelli individuando l’uno nell’altro un interlocutore significativo con il quale parlare di fede in modo diverso, utilizzando un linguaggio diverso, dando un messaggio di speranza e riconoscendo dentro le differenze quei valori comuni per tutti gli uomini e le donne di ogni tempo. In entrambi i discorsi i leader religiosi esprimono la comune condanna all’uso del nome di Dio per legittimare qualsiasi forma di violenza.
“La fratellanza umana esige da noi, leader delle religioni, il dovere di bandire ogni sfumatura di approvazione della parola guerra”, sostiene il Papa.
Da parte sua il leader di Al-Azhar invita i fedeli musulmani ad “armarsi con la morale, con la sapienza, con il sapere: a fare del documento una garanzia di un futuro libero da scontri, da sofferenze, dall’odio”.
Al termine dell’incontro entrambi hanno firmato il Documento sulla fratellanza umana per la pace e mondiale e la convivenza comune, in cui si afferma la comune vocazione di tutti gli uomini e le donne a sentirsi fratelli in quanto Figli di Dio: “la fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare”.
È poi nel nome della libertà, della giustizia basata sulla misericordia, dei poveri, di tutti i popoli, ma prima di tutto è nel nome di Dio che Al-Azhar e la Chiesa cattolica dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio. Entrambi invitano i leader del mondo a perseguire la via della tolleranza, della convivenza e della pace e di intervenire per porre fine alle guerre; invitano inoltre tutti gli uomini a riscoprire i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune.
Il documento continua affermando contenuti quali la libertà di credo, di pensiero, di espressione, la protezione dei luoghi di culto, la difesa dei diritti delle donne all’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici e la necessità che essa sia liberata dalle pressioni storiche e sociali che ledono la propria dignità, la difesa dei diritti dei bambini, dei deboli, dei disabili, degli oppressi, la difesa del diritto di cittadinanza basato sull’uguaglianza di diritti e doveri.
In conclusione entrambi esprimono il desiderio che si realizzi una pace universale di cui godano tutti gli uomini in questa vita.
Quali novità e quali passi si intravvedono a partire da questa Dichiarazione nei rapporti tra Islam e Cristianesimo? Credo che il tempo storico che stiamo attraversando non ci aiuti ad allontanarci dalla tentazione di pensare ai rapporti tra cristianesimo e islam solo nell’ottica di uno scontro tra civiltà, di conflitto e incompatibilità tra le diverse religioni. In questo clima culturale, nel quale le inaudite forme di violenza e oppressione in nome della religione, danno ragione a quanti ritengono impossibile qualsiasi tentativo di dialogo, tale documento rappresenta un segno chiaro che è possibile, a partire dalla propria identità, incontrare l’altro e dialogare; che è possibile conoscere e riconoscere quelle differenze che, come viene scritto, sono una sapiente volontà divina, e all’interno di esse apprezzare quei valori comuni che la comunità cristiana e musulmana riconoscono come imprescindibili; che è possibile e desiderabile che sia fedeli cristiani che musulmani si impegnino a promuovere la pace sulla base della fratellanza umana.
Adnane Mokrani, teologo musulmano tunisino, docente al PISAI (Pontificio Istituto Studi Arabi e d’Islamistica), sottolinea che alla prima Messa pubblica nella penisola arabica la stampa degli Emirati Arabi ha dedicato molta attenzione descrivendone lo svolgimento e il significato; è stata trasmessa su tutti i canali nazionali e seguita da moltissima gente. Conosciamo bene l’importanza del ruolo dei mass media per creare pensieri ed opinioni…per fortuna questa volta la visibilità è stata data ad un evento, che per quanto contestato e criticato da molti, scrive una nuova pagina nel cammino del dialogo interreligioso, nel cammino dell’umanità.
A quanti dubitano che tale gesto possa realmente cambiar qualcosa, va rimandato che forse spetta a ciascuno di noi lasciare che il cuore si converta e veda nell’altro non il nemico da allontanare, il diverso di cui aver paura, ma un fratello da incontrare.
Giusy Valentini
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