Intervista ad Albina
Albina, dove è nata la tua vocazione?
In famiglia: lì ho ricevuto tutto quello che mi è servito per scoprirla. Inizio a raccontarvi la mia storia dall’adolescenza. Una vita divisa tra la famiglia (con mamma, papà, un fratello maggiore e una zia), la scuola - per diventare educatrice nella scuola dell’infanzia - e la parrocchia, o meglio l’oratorio, quello di S. Andrea a Porta Romana (Milano). Terminati gli studi magistrali nel luglio 1968, con l’inizio dell’anno scolastico ho iniziato il servizio con i piccoli della materna, ma ho anche incominciato ad avere a che fare con i ragazzini della catechesi che il parroco mi aveva affidato.
Per un po’ di anni la vita è corsa via liscia. Un lavoro che mi piaceva un sacco perché ogni giorno era da inventare, niente di ripetitivo, e la possibilità di parlare di Gesù, altra cosa che mi piaceva, e di fare gruppo in oratorio. Ah.. dimenticavo, l’inizio di un’avventura seria e bella con un ragazzo.
E poi in crescendo i corsi serali di aggiornamento, l'impegno con più ore nella scuola e le responsabilità maggiori in parrocchia (CPP, lettori, coro, gruppo medie...).
Una vita piena!
Sì, piena e bella. Ma poi sono cominciate le domande, anzi la domanda: la mia vita è tutta qui? E poi? Che senso ha quello che faccio? Mi capitava di partecipare ad alcuni incontri e ai ritiri: mi piaceva stare in silenzio, stare in chiesa da sola. Ricordo una due-giorni al Sacro Monte di Varese: la vita di preghiera, di essenzialità e di sobrietà di quelle donne mi aveva colpito. Una vita così era vita! Mi attirava. Ma al ritorno a casa venivo ripresa dalle cose da fare. Un mio parente, un cugino, con cui avevo condiviso i giochi d’infanzia nel frattempo era diventato prete (eravamo nel 1974). In oratorio, a Milano, era da solo e si dava da fare con i bambini per la catechesi, facendo doposcuola, organizzando giochi...
Che cosa si stava muovendo nel tuo cuore?
Ho cominciato a capire che una vita così dedicata agli altri mi stava bene. Non a tempo, per qualche ora, ma per sempre! Ne ho parlato col don dell’oratorio. Aveva visto anche lui che scendendo dal Monte qualcosa era cambiato. Mi propose di fermarmi di più a pregare, di partecipare alla messa anche in settimana, la confessione più frequente nel tempo. Chiedevo luce! “Signore, cosa devo fare della mia vita”? Tornando a casa dalla scuola materna passavo in chiesa e ripetevo questa domanda davanti a Lui, Via, Verità e Vita. Una vita spesa per Dio e per gli altri mi stava affascinando. ”Il Signore ama chi dona con gioia” e ancora: “Chi vuole trovare la sua vita la deve perdere”. Suora di clausura o donna impegnata a pieno in parrocchia? Dove? Come? Domande non secondarie: occorreva dare una risposta.
Hanno trovato risposta le tue domande?
Avevo vissuto il triduo pasquale 1976 a Roma con le suore di madre Teresa di Calcutta. La risposta arrivò con una frase ricevuta in dono da loro come augurio pasquale: “Cristo è vivo, è risorto e ti precede in Galilea (che per me era Milano). Là lo vedrai. Incontralo e sii felice”. Tramite il don dell’oratorio conosco la proposta delle Ausiliarie Diocesane.
Un istituto nuovo, agli inizi... Proprio così: vita consacrata a Dio nel servizio ai fratelli inserita in una storia di Chiesa diocesana che tanto amavo. Lascio il lavoro, la famiglia, la parrocchia di origine per ritrovare un altro lavoro, un’altra famiglia, una chiesa più grande di S. Andrea: il centuplo promesso da Gesù! Noviziato, prima professione, incarichi nella comunità, servizio in parrocchia a Milano, poi in Brianza. Ora di nuovo alle porte di Milano, nel paese più multietnico d’Italia: Baranzate di Bollate. Galilea delle genti. Luoghi diversi, gente diversa, sacerdoti, consorelle e laici diversi con cui collaborare e faticare nella gioia e nella fedeltà a un SI detto trentatré anni fa.
Che cosa chiedi oggi al Signore Gesù?
Di potermi avvicinare, secondo il carisma delle Ausiliarie, al mistero dell'Incarnazione ed essere una donna che si accompagna al cammino umano e di fede della gente, dei bambini e degli adulti, dei malati e dei poveri, senza escludere nessuno, dando tempo, ascolto, vicinanza, calore, amore, speranza. E chiedo anche di poter entrare nell'unico mistero di morte di resurrezione ed essere una donna che sta ai piedi di Gesù Maestro, lo ascolta e lo ama. Lo segue fino a stare sotto la croce, non smette di cercarlo, lo annuncia Risorto ai suoi fratelli con la parola e la vita: vivo e presente, capace di rinnovare la vita di ogni uomo e di ogni donna e di dare significato a ogni storia, come questa - la mia - e darle un valore immenso che continua nel tempo.Albina a Sueglio con alcune famiglie
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