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Intervista a Barbara

Barbara, come nasce la chiamata a essere Ausiliaria Diocesana?

 La mia vocazione di Ausiliaria Diocesana nasce in questa Chiesa ambrosiana, o meglio, ai suoi confini: sono originaria di Induno Olona (Varese).

Senza temere limiti e distanze, la parrocchia in cui sono cresciuta ha sempre avuto lo sguardo rivolto verso Milano e il suo Vescovo, perciò ho respirato da subito un'aria di Chiesa più ampia.

Dopo le scuole superiori ho sentito necessario decidere della mia vita, secondo quanto già il Signore mi aveva dato di intuire. Ho dato fiducia a quel "sentire" del cuore che mi spingeva verso una vita consacrata che fosse caratterizzata da una forte condivisione della vita ordinaria della gente: fede, lavoro, casa, vestiti, abitudini...

In quegli anni non conoscevo le Ausiliarie Diocesane, ma il Signore mi chiamava a condividerne la vocazione.

 

E come hai conosciuto le Ausiliarie Diocesane?

La prima occasione di incontro fu la professione perpetua di un'Ausiliaria originaria della mia parrocchia: Annamaria Terzaghi. Non la conoscevo, ma per l'evento ci si mosse in tanti verso il Duomo. Andai anch'io e il cuore iniziò ad innamorarsi di questa vocazione. Qualche tempo dopo, andando ad iscrivermi all'istituto di Scienze Religiose, allungai il viaggio fino al noviziato di Seveso, per andare a conoscere le Ausiliarie. Non ricordo niente di quel primo incontro, se non una grande attrazione, perché la mia intuizione stava trovando casa... anzi: c'era già una casa!

Prova a spiegarci un po' il nome... «Ausiliarie», lo intuiamo, ha a che fare con l'aiuto, ma che cosa vuol dire «diocesane»?

«Diocesane» indica il riferimento/legame alla diocesi: questa Chiesa che mi ha generata alla fede si è rivelata essere l'orizzonte stesso della mia chiamata alla santità.

Nei primi anni della giovinezza la mia vita si è naturalmente colorata di diocesanità. Oggi è il mio modo di credere e di amare. Oggi ha la forza di sostenere il dono di tutta la mia vita, con la professione religiosa dei voti e il servizio della carità pastorale.

Hai parlato di voti... Prova a dirci che cosa vuol dire, oggi, fare voto di castità, povertà e obbedienza? Che senso ha?

Decido di vivere secondo i consigli del Vangelo di castità, povertà e obbedienza come via di santità. È l'orientamento profondo del mio cuore, che attende e desidera così il ritorno del Signore.

Decido liberamente di rinunciare a stretti legami familiari, all'accumulo e alla garanzia dei beni, ad attività che non siano quelle del servizio del Regno di Dio.

Quindi si tratta di rinunce e mortificazioni?

Dono al Signore ciò che sono e ciò che ho: non mortifico le mie energie umane e spirituali, ma le consegno alla forza del suo Vangelo, certa che secondo la sua Via trovano compimento.

Allora avrò il coraggio della fiducia, dell'obbedienza, della solitudine umana, dell'amore senza confini e senza possessi, della sobrietà, della rinucia... nell'attesa che questa mia fragile umanità si compia in Cielo. È...la forza della debolezza!

Il tuo volto ci dice che questo ti rende felice e dà gioia...

Sono contenta del Signore, sono contenta di ciò che fa in me. Vorrei questa gioia per ogni uomo e donna.

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