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Anniversario lockdown? testimonianza di Terry, in servizio pastorale a San Giuliano Milanese.
Ci sono modi diversi per celebrare un 25° anniversario di consacrazione, tutti importanti e significativi. Ho conosciuto coppie che hanno festeggiato in modo solenne, quasi 'esagerato' e sfiorando il ridicolo; persone che hanno preferito un basso profilo o, meglio, un'occasione più intima e familiare; altri che hanno voluto trasformarlo in occasione di bella testimonianza vocazionale per i giovani...
In questi anni di consacrazione mi è capitato di incrociare tanti anniversari, a partire dai diversi stati di vita: per qualcuno ho organizzato la festa, per altri ho gioito con verità, di altri sapevo la fatica della fedeltà. Consorelle, parroci incontrati nel servizio pastorale, ma anche coppie della parrocchia, amici, parenti stretti o lontani...
Mai, però, in questo tempo così strano - oserei dire 'buffo, se non fosse per la drammatica situazione di emergenza sanitaria che stiamo attraversando - avrei immaginato di trovarmi coinvolta in prima persona con queste modalità! Per la verità, non amo molto festeggiare i miei anniversari: in questi anni l'ho fatto pochissimo, un po' per ritrosia personale, un po' perché animata dalla dedizione ambrosiana (insieme allo zelo brianzolo !!!) che rinvia sempre lo svago ... all'anno successivo!
Questa volta - invece – il rimando è un fattore esterno determinante, non scelto. O, meglio, si festeggia in modo diverso! Ricordare il proprio anniversario in modo 'virtuale' – almeno per il momento – ha innegabili vantaggi. Costringe a rivedere i rapporti e la storia che ne fa da cornice, impone di concentrarsi su ciò che è essenziale, aiuta ad intuire che - più che voltarsi indietro su quanto ricevuto come dono – si avverte forte il desiderio di 'guardare dentro' a questo tempo, a non subirlo come qualcosa che accade sul calendario.
Pur nella consapevolezza di essere 'sospesa' - come ha scritto con espressione efficace l''Arcivescovo in "La potenza della sua Resurrezione, Messaggio di speranza per questa Pasqua 2020" – il 'guadagno' di festeggiare così è prezioso. Mai come in questa occasione mi accorgo che l'annuncio del Vangelo è andato avanti: ha potuto scorrere tra una chat e l'altra, è passato nelle call fatte con gli adolescenti, attraverso i tanti messaggi ricevuti e inviati da genitori e adulti inquieti, nelle telefonate ad anziani o a parenti in lutto. Il cuore di questo tempo è stata la Settimana Santa; il 'prima' e il 'dopo' sono state le migliori energie che ogni anno mettevo nel preparare la quaresima e nel vivere il tempo pasquale. Mai tempo è stato così opportuno per essere semplice strumento di comunicazione per annunziare la Redenzione, mai come quest'anno la Pasqua ci ha fatto pensare alla morte e alla vita dopo la morte... al paradiso per le persone a cui ho voluto bene negli ultimi 25 anni!
Certo, Zoom, Skipe, Hangout, Meet e ogni altra piattaforma da remoto si rivelano strumenti 'poveri': manca lo sguardo diretto, il linguaggio non verbale, gli odori delle relazioni vere... Ma, nella Parola che non ha smesso di scorrere, ho risentito l'identico profumo di Risurrezione scelto - nel lontano 1995 - come vangelo per la celebrazione eucaristica del primo 'sì': "Presto, andate a dire ai suoi discepoli: è risuscitato" (Mt 28, 7). Ciò che ancora mi muove è l'urgenza dell'evangelizzazione, è quel 'presto' che non si può fermare, che va annunciato, gridato, comunicato ancora come buona notizia.
Certo come tutti i fedeli – e in particolare penso alla mia parrocchia in cui non sono più stata dal lockdown – so che "trovarsi per la celebrazione della messa, cantare, pregare, stringere le mani amiche nel segno della pace, ricevere la comunione è tutt'altro". Come per tanti credenti "Poter 'andare a messa' sarebbe il segno che è tornata la normalità non solo nella libertà di movimento, ma nella convinzione che non si tratta di buone abitudini, ma di una questione di vita e di morte. (...) Abbiamo bisogno di una parola che illumini il nostro passo, di un credere che sia vivere della relazione decisiva con Dio, di uno spezzare il pane della vita per non morire in eterno."
In queste settimane tante volte, nella preghiera, mi sono risuonate le parole antiche del Salmo 19:
2 I cieli narrano la gloria di Dio,
l'opera delle sue mani annuncia il firmamento.
3 Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
4 Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
5 per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio.
La freschezza della narrazione della gloria di Dio continua, il racconto può assumere linguaggi nuovi e creativi, la notizia rimane però sempre al centro della comunicazione: le modalità possono cambiare, gli strumenti si adeguano, ma il contenuto del kerigma è identico: "è risuscitato!"
Oggi, 25 o 2000 anni fa, quando il Salmo è stato cantato per la prima volta!
Maria Teresa Villa