DONNE DI SPERANZA/2: Un lifting per non piangersi addosso
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Io me la immagino alta, con un viso rugoso ma col portamento eretto e deciso, con negli occhi la curiosità di scoprire il nuovo e chissà mai, vedere anche prima o poi tra tutti quei bimbi anche quello promesso da Dio. È una profetessa perché sa aspettare e invita gli altri a fare altrettanto; è una profetessa perché capace di vedere “oltre”; è una profetessa perché tiene il cuore aperto a ciò che Dio dice; è profetessa perché capace di leggere nella vita ciò che è scritto nei libri sacri. E da vera profetessa sapeva di cosa aveva bisogno il suo popolo: un salvatore.
Questa donna passa le sue giornate tra la gente che va e viene dal tempio, che curiosa in giro stupita della sua vastità, o che offre sacrifici, o che prega, o che ascolta qualche rabbino. Lei si muove in questa marea umana cercando un Volto convinta che prima o poi l’avrebbe visto.
Luca ci dice, in tre versetti (Lc 3,36-38) di chi era figlia, a quale tribù appartenesse ma niente dell’incontro con il Bambino Gesù. Che strano! Con un tempismo perfetto arriva al momento giusto per vedere che non ha sprecato la vita a sperare in una promessa, e … l’evangelista non solo lascia immaginare la scena a ciascuno di noi ma ci invita a metterci al suo posto e gustare l’incontro con Gesù. Ringrazia Dio e se ne va.
Se prima ha passato la sua vita nel tempio, dopo ha vissuto nella strada, ancora tra la gente ma a dire che finalmente il Bambino promesso era già tra loro perché Dio è fedele alle promesse.
Mi piace questa donna perché non ha titoli di studio, perché non fa niente di eccezionale, perché non ha passato la vita a piangersi addosso e perché se ne va in giro per le strade a seminare speranze... come certezze.
Anna Bernasconi
Comunità Pastorale "Santi Eusebio e Giuseppe", Cinisello Balsamo
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