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ATtratti DALLA SALVEZZA: La samaritana

SAMARITANAContemplare la Maestà di Duccio di Buoninsegna spalanca sempre il cuore!
Per la sua imponenza, per la cura dei dettagli dei colori e delle forme, per l’eleganza e la leggerezza del gotico che l’autore assume oltralpe, prendendo le distanze dal formalismo bizantino. All’uomo del secondo millennio fa bene fermarsi per vedere come il pittore di Siena nel 1300 ha immaginato la lunga scena di Gesù che incontra la donna Samaritana (Gv 4, 1-42).
La formella (un tassello dell’immensa pala d’altare) non si trova più in terra senese: ora è conservata al Museo Nazionale Thyssen-Bornemisza di Madrid. Un piccolo gioiello su tavola in tempera e oro (43,5 x 46 cm). Ogni dettaglio è prezioso: il pozzo con i suoi gradini, la rappresentazione di Sicar, il sentiero lastricato che dalla città conduce al luogo dell'incontro o la posizione della brocca sul capo della donna. L’oro fa da sfondo e si estende alla tunica e al mantello di Cristo per delinearne i tessuti. Del dipinto si ammirano toni e scelta dei colori: le figure, realizzate con delicato contrasto di luci e ombre, luminosità e toni saturi, introducono a nuove variazioni cromatiche.

Guardando l’immagine si rimane subito colpiti dalla figura centrale della donna che gesticola e guarda il Signore: è leggera e graziosa, in contrasto rispetto alla geometrica rappresentazione dell’abitazione. Insieme è tutta protesa verso Gesù, lei che di mariti ne aveva avuto sei.
Gesù è seduto al pozzo di Giacobbe: in una regione in cui l’acqua è rara, i punti in cui sgorga sono luoghi di incontro, conflitti e riconciliazioni, ma anche di corteggiamento e fidanzamento, intimità e confidenza. Duccio interpreta il pozzo come un fonte battesimale di otto lati per indicare l’ottavo giorno, quello della risurrezione: anche per noi in questo tempo di Quaresima è bello fermarsi Gesù al pozzo e rinnovare la grazia del battesimo e contemplare la misericordia in atto sulla donna senza nome.
Lo splendido dialogo è reso attraverso la gestualità delle mani. Le mani destre dei protagonisti potrebbero quasi arrivare ad intrecciarsi, in un gioco di audace complicità, se non fosse per la sinistra di entrambi: quella di Gesù è appoggiata con forza sul pozzo, quasi ancorata in segno di stabilità, quella della Samaritana è legata dalla corda ed appesantita da un secchio ancora vuoto. A parlare è lo sguardo intenso che i due si scambiano. Gesù legge dentro la vita della donna che si sente profondamente interpretata ed amata: la sua conversione è vicina! Lui, che conosce il suo cuore, nella conversazione la conduce abilmente su vie di liberazione e di pace.
Ben diverso è lo sguardo sui volti dei discepoli dove emergono sentimenti contrastanti: sbigottimento, ammirazione, dispiacere, giudizio. Ci si potrebbe perdere in congetture su ciò che sta passando dalla loro mente… e dal loro cuore! Duccio li colloca in una cittadina tipicamente medioevale, dove l’architettura familiare al pubblico dell’epoca permette una maggiore identificazione, ma la considerazione vale anche per l’oggi.
Grazie Gesù:
per le mani che tendi al peccatore,
per lo sguardo che va oltre…
per l’acqua attinta da un pozzo di misericordia.
Togli dal mio cuore ogni giudizio affrettato,
ravviva in me la grazia del Battesimo.

Maria Teresa Villa
Comunità pastorale Gesù Buon Pastore
Milano

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