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Venuta la sera

«Venuta la sera, Egli arrivò con i dodici»(Mc 14,17).

L’arrivare di Gesù a tavola, dice una preparazione remota, profonda, lontana nel tempo.

Gesù giunge alla sera, dopo una giornata faticosa e lunga, forse ancora più impegnativa di quella vissuta a Cafarnao, quando davanti alla porta della città gli avevano condotto malati e indemoniati (Mc 1,32)

Ora non si tratta più di guarire ‘alcuni’ da infermità: è l’umanità intera che – ora – ha bisogno di Lui, del suo Corpo, del suo Sangue. Gesù giunge a questo appuntamento ben preparato: arriva in una sala al piano superiore che – in precedenza – aveva ordinato di sistemare; giunge in compagnia dei suoi amici più cari, al temine di un tempo faticoso e bello, ancora col profumo che la donna di Betania, poche ora prima, gli aveva versato sul capo.

Con lui giungono anche i suoi discepoli, anche loro – possiamo immaginarlo – dopo una giornata impegnativa: tra di loro, uno si era appena recato dai sacerdoti; altri si erano dati da fare per cercare la sala e addobbarla con cura; altri, è lecito pensare, avranno fatto la spesa e preparato il cibo.

Tutto, alla fine, è pronto per la grande cena di Pasqua!

Anche noi – cristiani del terzo millennio – giungiamo alla Sera del Giovedì santo un po’ trafelati, con il nostro carico di lavoro svolto, appuntamenti evasi, di ascolto e impegni vari. Sappiamo bene quanto desideriamo metterci a tavola, condividere il pane con amici e familiari, ascoltare il lungo racconto della giornata.

Per il cristiano la sera del Giovedì Santo può essere il momento in cui ‘raccogliere le idee’ sulla fatica e bellezza della fede, fermarsi, riposare, fare sintesi sulla propria vita di credenti. La sera del Giovedì santo si può rimanere fermi davanti a Gesù, farGli compagnia; non c’è più tempo per fare o dire altro! Ci è chiesto solo di adorare, portare sulle labbra, continuare ad avere in bocca quel Pane di cui, alla Tavola comune, ci si è appena nutriti.

Il dopo-cena è il momento importante, quello riservato agli amici, il tempo gratuito dell’amore e della fraternità. Allo stesso modo il tempo della sera, del tramonto della luce e del buio, riserva sempre qualche timore, se non una paura ancestrale: per questo è importante trascorrerlo in compagnia di chi si ama, di chi trasmette sicurezza ed è capace di intimità vera. Il tramonto è rivelatore della vita, diceva già Paolo VI, che tra poco chiameremo Santo. «Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite?».

Questa sera la liturgia così ci fa pregare e chiedere: «Donaci di non essere coinvolti nelle tenebre del discepolo infedele, ma di riconoscere in Cristo il nostro Salvatore, che vive e regna nei secoli dei secoli».

Chiediamo la grazia di diventare discepolo amato!
Maria Teresa Villa
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