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OTTAVA DI PASQUA: Il filo rosso della Divina Misericordia

filo rosso sitoC’è un filo rosso che attraversa il secolo scorso e l’inizio dell’attuale: il continuo richiamo, l’immensa invocazione della Chiesa, in vari modi, circostanze e persone, alla Misericordia di Dio.
E’ ormai riconosciuto da tutti che il XX secolo, insieme a rapidi progressi e inarrestabile crescita (almeno nel mondo occidentale), è stato anche uno dei secoli più crudeli e disumani della storia dell’umanità. Due guerre mondiali, l’attuale terza “fatta a pezzi”, le ideologie di “destra” e “sinistra”, il terrorismo nazionale e internazionale, quest’ultimo, con cui stiamo lottando ora, travestito di “valori religiosi” che compie crimini in nome di un Dio oscuro, un esodo inarrestabile di milioni di profughi che fuggono dai paesi dell’Africa e Asia verso l’Europa per le guerre, le persecuzioni, il desiderio di una vita più umana … tutto e ciascuno può aggiungere alla cronaca dei nostri giorni, anche e specialmente di ripetute tragedie all’interno di famiglie italiane, con stragi e crudeltà non dicibili!
Tutto ciò ci toglie il fiato e rende il cuore “pesante”!

Ma quel filo rosso rimane e ci ricorda che oggi più che mai c’è bisogno della Misericordia di Dio! Da Benedetto XV in poi tutti i papi risottolineano questo aspetto divenuto ormai vitale per tutti e ciascuno.  In particolare gli ultimi tre papi, veri giganti della fede, s. Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e l’attuale Francesco, ci ricordano che l’uomo contemporaneo ha bisogno della misericordia di Dio (Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia), della scoperta dell’amore di Dio e che nella sua essenza Dio è Amore  (Benedetto XVI, Deus Caritas est) e che questo ha il volto preciso (Francesco, Misericordiae vultus) di Cristo Gesù!

Ciò è avvenuto anche attraverso altre persone, meno conosciute e davanti al mondo “insignificanti”, come santa Faustina Kowalska, umile suora polacca chiamata da Dio ad annunciare al mondo la Sua Misericordia (1905-1938), i tre pastorelli di Fatima Lucia, Francesco e Giacinta (1917), due sconosciuti frati francescani che quotidianamente vivevano “crocifissi” nel loro confessionale per dispensare la Misericordia di Dio come S. Leopoldo Mandic (1866-1942) e S. Pio da Pietralcina (1887-1968), una piccola suora albanese, la futura Santa Madre Teresa di Calcutta, che ha fatto della sua vita la misericordia-in-azione verso quelli di cui “non c’è più nulla da fare”, raccogliendo moribondi e poveri, con le sue suore, dalle strade di tutto il mondo.

L’uomo davanti a Dio scopre non solo di essere figlio, ma di essere un figlio che si è fatto male e che ha disperatamente bisogno dell’Amore di Dio che è Padre e Madre che si china su di lui, lo aiuti a rialzarsi stringendoselo al cuore, e a camminare “diritto”, senza inciampi e cadute nella vita.

Per camminare “diritti” nella vita, e non ripiegati su di sé, c’è un modello Gesù Cristo volto della misericordia del Padre che nato dalla Vergine Maria (Gal 4,4), che salutiamo come Madre della Misericordia, rivela in modo definitivo l’amore di Dio per l’uomo.

San Giovanni Paolo II ha saputo trovare il filo rosso e “leggere” bene sia la storia umana, provandone in prima persona varie tragedie che descrivevo all’inizio del presente articolo, sia la volontà di Dio come risposta al male dell’uomo, l’arma della misericordia. Ha così istituito nella Domenica II di Pasqua, la Domenica della Divina Misericordia con annessa Indulgenza plenaria e spinto alla divulgazione della Coroncina della Divina Misericordia, dettata da Gesù stesso a santa Faustina, trascritta nel suo Diario. E’ una evidenza che la Misericordia divina deriva proprio dalla Pasqua: Egli (Gesù, il Figlio di Dio) morì per i nostri peccati ed è risorto donando a tutti lo Spirito Santo e il perdono dei peccati (cfr Gv 20,19-23 e Simbolo Apostolico “Credo lo Spirito Santo … la remissione dei peccati, ecc.”).

Oggi, su invito di Papa Francesco, “siamo chiamati in modo ancora più forte a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segni efficaci dell’agire del Padre” (cfr MV n. 3). Il Giubileo Straordinario della Misericordia che stiamo vivendo diviene dunque tempo favorevole per la Chiesa perché sia più forte ed efficace la testimonianza dei credenti, per essere veri dunque credibili!.

Nel cuore del XX secolo c’è stato un grande evento ecclesiale, che ha lanciato la sua luce al mondo intero, il Concilio Vaticano II di cui stiamo appunto celebrando il cinquantesimo anniversario, che aveva proprio lo scopo di parlare di Dio agli uomini contemporanei in un modo più comprensibile. Le parole che San Giovanni XXIII pronunciò all’apertura del Concilio (11 ottobre 1962) hanno indicato la strada da seguire: “Ora la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore … la Chiesa Cattolica … vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati”,  e nella medesima linea il Beato Paolo VI, nell’ultima sessione del Concilio (7 dicembre 1965) affermava: “Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità … l’antica storia del samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio … riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore … tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità in ogni sua necessità” (cfr MV n. 4).

Il Concilio Vaticano II come evento di misericordia, per aiutare il popolo di Dio, l’umanità intera, a contemplare il volto della misericordia (cfr LG n. 1 e GS n. 15).

Quali strumenti abbiamo oggi, qui in questo momento, per accogliere la misericordia di Dio nella nostra vita e per essere a nostro volta misericordiosi come il Padre ci insegna?

L’invito  al pellegrinaggio, come stimolo di conversione attraversando la Porta Santa nella consapevolezza di essere sostenuti da Dio nel nostro cammino, la sottolineatura alla confessione sacramentale, perché ciascuno tocchi con mano la grandezza della misericordia, l’invio nelle Diocesi del mondo dei Missionari della misericordia, sacerdoti che possono perdonare i peccati riservati alla Sede Apostolica, riscoprire e vivere le opere di misericordia corporali e spirituali, perché alla fine della vita saremo giudicati in base ad esse (cfr Mt 25).

Papa Francesco vede come urgenza fondamentale la testimonianza, che per essere vera attinge dal punto sorgivo che è “tenere fisso lo sguardo sulla misericordia”, per essere credibili nell’annuncio di credenti, vivendo in prima persona la misericordia che ha gesti e linguaggio proprio per penetrare nel cuore delle persone.

Il tutto senza “fantasie pastorali” o sguardo “poetico” della realtà o peggio nella indifferenza, pericoli che non ci fanno vivere nella concretezza l’essere discepoli di Cristo (cfr Omelia s. Marta del 23 febbraio 2016  “Religione del fare e non del dire”).

A riguardo mi paiono importanti le parole del papa all’Angelus d2l 24.01.2016:

“Evangelizzare i poveri: questa è la missione di Gesù, secondo quanto Lui dice; questa è anche la missione  della Chiesa, e di ogni battezzato nella Chiesa. Essere cristiano ed essere missionario è la stessa cosa. Annunciare il Vangelo, con la parola e, prima ancora, con la vita, è la finalità principale della comunità cristiana e di ogni suo membro. Si nota qui che Gesù indirizza la Buona Novella a tutti, senza escludere nessuno, anzi privilegiando i più lontani, i sofferenti, gli ammalati, gli scartati della società. Domandiamoci: che cosa significa evangelizzare i poveri? Significa anzitutto avvicinarli, significa avere la gioia di servirli, di liberarli dalla loro oppressione, e tutto questo nel nome e con lo Spirito di Cristo, perché è Lui il Vangelo di Dio, è Lui la Misericordia di Dio, è Lui la liberazione di Dio, è Lui chi si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà. Il testo di lsaia, rafforzato da piccoli adattamenti introdotti da Gesù, indica che l'annuncio messianico del Regno di Dio venuto in mezzo a noi si rivolge in modo preferenziale agli emarginati, ai prigionieri, agli oppressi. 
Probabilmente al tempo di Gesù queste persone non erano al centro della comunità di fede. Possiamo domandarci: oggi, nelle nostre comunità parrocchiali, nelle associazioni, nei movimenti, siamo fedeli al programma di Cristo? L'evangelizzazione dei poveri, portare loro il lieto annuncio, è la priorità? Attenzione: non si tratta solo di fare assistenza sociale, tanto meno attività politica. Si tratta di offrire la forza del Vangelo di Dio, che converte i cuori, risana le ferite, trasforma i rapporti umani e sociali secondo la logica dell'amore. I poveri, infatti, sono al centro del Vangelo.”

Per Grazia di Dio il filo rosso della Misericordia è molto lungo e potrei citare molti altri insegnamenti o esempi di persone, ma invece ritorno a colei che è stata scelta da Gesù per essere la divulgatrice della sua Misericordia.

La Leggenda aurea narra che suor Faustina faceva servizio alla portineria del convento e un giorno “ è venuto alla porta un giovane povero, smorto in faccia, con un vestito molto stracciato, scalzo, a capo scoperto e tutto intirizzito dal freddo. Chiese di poter mangiare qualcosa di caldo ma, recatami in cucina non trovai niente da dare ai poveri. Dopo un istante di ricerca però si trovò un poco di minestra. La riscaldai e sminuzzatovi un po’ di pane la portai al povero che la mangiò. Nel momento in cui mi restituiva la ciotola mi fece conoscere che era il Signore del cielo e della terra. Ma appena lo riconobbi scomparve ai miei occhi. Rientrata in casa, mentre stavo riflettendo sull’accaduto, udii queste parole: “Figlia mia, sono giunte ai miei orecchi le benedizioni dei poveri che si allontanano dalla porta del convento. Mi piace questa tua misericordia praticata nei limiti dell’obbedienza ed è perciò che sono sceso a gustare il frutto della tua misericordia …”.

Suor Faustina morì il 5 ottobre 1938, a trentatrè anni, la stessa età di Gesù e lasciò scritto: “Vorrei gridare al mondo intero: “Amate Dio, perché è buono e di grande misericordia!”.
Maria Grazia Rasia
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