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n. 9: La nuova evangelizzazione e la proclamazione iniziale

PROPOSIZIONE 9: LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE E LA PROCLAMAZIONE INIZIALE
 
Il  fondamento di ogni proclamazione, la dimensione kerygmatica, la Buona novella, mette in risalto l’annuncio esplicito della salvezza. “Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici” (1 Cor 15,3-5).
La “prima proclamazione” è il luogo dove il kerygma, il messaggio della salvezza del mistero pasquale di Gesù Cristo, è proclamato con grande potenza spirituale, tale da provocare il pentimento del peccato, la conversione dei cuori e una decisione di fede.
Allo stesso tempo, ci deve essere continuità tra la prima proclamazione e la catechesi che ci istruisce nel deposito della fede. Noi consideriamo avere un Piano Pastorale di Proclamazione iniziale, che insegna un incontro vivo con Gesù Cristo. Questo documento pastorale fornirebbe i primi elementi di un processo catechetico, permettendo il suo inserimento nella vita delle comunità parrocchiali. I padri sinodali propongono che vengano scritte linee guida della proclamazione iniziale del kerygma.
Questo compendio includerebbe:
-insegnamento sistematico sul kerygma nella Scrittura e nella Tradizione della Chiesa cattolica;
-insegnamenti e citazioni di santi missionari e martiri nella nostra storia cattolica, che ci aiuterebbero nelle nostre sfide pastorali di oggi;
-qualità e linee guida per la formazione di evangelizzatori cattolici oggi.
 
La Nuova Evangelizzazione ha dato ulteriore risalto ad una sfida decisamente presente nella situazione attuale: è necessario che si ponga mano a un primo annuncio del Vangelo, perché molti praticanti non dimostrano un’autentica e concreta adesione alla persona di Gesù; molti battezzati vivono come se Cristo non esistesse; cresce il numero di coloro che devono completare l’iniziazione cristiana; cresce il numero delle persone non battezzate. Si tratta di una difficoltà con cui la Chiesa si sta misurando da tempo, e che quindi non soltanto è stata denunciata, ma ha conosciuto già alcuni strumenti di risposta. Già Paolo VI, prendendo atto di questa sfida, ha posto la Chiesa di fronte all’urgenza di trovare nuove strade per la proposta della fede cristiana (EN n. 51). E’ nato così lo strumento del “primo annuncio” (cfr RM n. 44 di Giovanni Paolo II), inteso come proposta esplicita, meglio di proclamazione, del contenuto fondamentale della nostra fede. 
Assunto a pieno titolo nel lavoro di riprogettazione in atto degli itinerari di introduzione alla fede, il primo annuncio si dirige ai non credenti, a quelli che, di fatto, vivono nell’indifferenza religiosa. Esso ha la funzione di annunciare il Vangelo e la conversione, in genere, a coloro che tuttora non conoscono Gesù Cristo. La catechesi, distinta dal primo annuncio del Vangelo, promuove e fa maturare questa conversione iniziale, educando alla fede il convertito e incorporandolo nella comunità cristiana. 
I Vescovi Italiani hanno ripreso più volte questo tema e lo propongono come attenzione pastorale rinnovata al fine di un ripensamento degli itinerari di educazione alla fede. A riguardo la CEI ha dedicato numerosi interventi e indicazioni  vedi negli orientamenti per il decennio 2000-2010 Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, ne Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia, ancora nell’anniversario del 40° del Documento Base il testo Annuncio e catechesi per la Vita cristiana, e un intero documento Questa è la nostra fede dedicato al tema del Primo Annuncio. 
Il precedente Sinodo sulla Catechesi (da cui è derivata l’esortazione apostolica Catechesi Tradendae di Giovanni Paolo II) ha rilanciato due strumenti fondamentali per la trasmissione della fede: la catechesi e il catecumenato. La professione di fede ricevuta dalla Chiesa (traditio), germinando e crescendo durante il percorso catechistico, è restituita (redditio), arricchita con i valori delle differenti culture. Il rilancio di questi due strumenti – catechesi e catecumenato – deve servire a dare corpo a quella che è stata designata con il termine di “pedagogia della fede” (vedi CT n. 58). La sorpresa del primo annuncio non sarà reale fino a quando non troveremo una adeguata “pedagogia di primo annuncio”, che dovrà essere al contempo tutta kerygmatica e tutta antropologica: da qui la richiesta dei padri sinodali di un Piano Pastorale per la Proclamazione iniziale.
Nell’attuale contesto culturale, nel quale Dio non appare agli uomini di oggi né evidente né necessario, per annunciare il vangelo dobbiamo risalire alle formule all’evento pasquale che ha generato la Chiesa, ricuperando il linguaggio tipico del kerygma, cioè il linguaggio missionario che noi abbiamo dimenticato!
 
M.Grazia Rasia
 

CARLO MARIA MARTINI E GLI ANNI DI PIOMBO

 

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