Dentro una storia di santità/2: MILLE FILI MI LEGANO ALLA FAMIGLIA UMANA, MILLE ALLA COMUNITÀ CHE È LA CHIESA. L’appartenenza ecclesiale

Paolo VI arazzoCredo che il desiderio di ogni Ausiliaria possa esprimersi con queste parole che Paolo VI consegna al mondo al pensiero della sua morte imminente. Un «Pastore libero e forte» che domanda a se stesso di camminare davanti, in mezzo e dietro al Popolo di Dio, «in ascolto dei bisogni veri e profondi dell’umanità». Un Pastore amoroso che riconosce che l’amore della Chiesa lo «trasse fuori dal gretto e selvatico egoismo e mi avviò al suo servizio», che al momento della sua morte dichiara che «per essa non per altro mi pare d’aver vissuto».
Anche noi possiamo contemplare grate «mille fili» che ci legano alla Chiesa e ci invitano a condividere la missione di Cristo nella forma della carità pastorale, facendone il criterio e la radice della nostra vita spirituale (Statuto delle Ausiliarie). Del resto possiamo riconoscere un remoto invito a questa partecipazione in alcune parole dell’arcivescovo Montini rivolte alle religiose.
La ricca e variegata vita religiosa milanese, ma affaticata dal confronto con la modernità,viene invitata profeticamente dal Vescovo ad assumere e condividere in modo più deciso l’opera globale della Chiesa:Montini arriva a riconoscere anche alle donne «il grandissimo onore di servire la Chiesa» e ancora di più le invita «a comprendere come cammina e si evolve la vita della nostra santa Chiesa»; in un certo senso apre alle donne la possibilità di compiere del discernimento pastorale, fino ad allora affidato ai soli ministri ordinati.
Ancora di più,in questo stesso discorso del febbraio 1960, Montini invitale suore a condividere con il Vescovo il suo «sentire cum Ecclesia: confondere i propri sentimenti con quelli della grande famiglia di Cristo, che si chiama Chiesa. Ebbene guardate di allargare sempre più questo sentimento, sentite con la Chiesa e siate felici della vostra vocazione».
Montini incoraggia le religiose ad inserirsi nell’opera di evangelizzazione della Chiesa nella certezza che «la Chiesa ha fatto della vita religiosa non tanto una vita spirituale racchiusa ma una vita operante, una vita aperta ai bisogni del popolo cristiano».Non solo una vita di perfezione ma una vita autenticamente apostolica e missionaria.
Ancora più forti le parole dell’anno successivo quando il Vescovo immagina un rinnovamento della vita religiosa:«Vi voglio ancora più vicine. Io scompaginerò un po’ le vostre file, vi metterò a piccoli gruppi di qua e di là, vi disseminerò tra il popolo cristiano» e ancora di più immagina qualcosa di mai visto fino a quel momento: «vi innesterò in tutta la mia fatica per salvare e santificare il mondo»: Montini invoca una qualche partecipazione al suo stesso ministero, per lo meno alla sua stessa fatica per la sollecitudine pastorale nei confronti del popolo ambrosiano: «La Chiesa di Dio nella sua espressione più autorevole chiama, fa appello, desidera, ha bisogno delle religiose per un impegno apostolico vicino alla vita pastorale, al Sacerdozio, là dove è la responsabilità e la missione di salvare le anime».
Riconosciamo un debito e certamente un sentire che ci accomuna a questo Vescovo e alla sua passione per Gesù e al tempo stesso alla sua passione per il popolo santo di Dio. Riconosciamo in questo quotidiano dono di noi stesse alla Chiesa la fonte della nostra vita spirituale: per questo scegliamo di dedicarci alla Chiesa! Riconosciamo di essere prese in mezzo al popolo e inviate al popolo, e riconosciamo che «la nostra identità non si comprende senza questa appartenenza» (EG268).
Con timore e tremore davanti a tale Padre, Maestro e Profeta anch’io vibro e legata ai fili della mia comunità,riconosco (e desidero per me ogni giorno di più) che «la missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice o un momento tra tanti dell’esistenza. E’ qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (EG273).
Roberta Casoli

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