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AUSILIARIE DIOCESANE - PASSIONE PER GESU' E PER IL POPOLO

paolo VIEra il 2 aprile 1961 ed era Pasqua. Non so come fosse il tempo quel giorno, ma non riesco ad immaginarmelo se non bellissimo. Il Card. Montini pregava quella mattina sulla Parola del giorno, l’invio delle donne da parte di Gesù Risorto perché annuncino che è vivo e rimane per sempre, la morte è sconfitta: il cuore dell’annuncio evangelico affidato a delle donne. E allora prende carta e penna e scrive al padre spirituale del Seminario, padre Giuseppe Zanoni: "Penso a quelle benedette donne del Vangelo, che ebbero la somma ventura di incontrare per prime il beato annunzio della risurrezione del Signore e per prime lo diffusero tra i discepoli di Lui; e penso che la nostra diocesi ha bisogno di donne consacrate, che si offrano per il servizio pastorale nelle Parrocchie".
Poche righe sotto aggiunge che le suore stanno venendo meno e che tra breve il fenomeno sarebbe stato evidente, grave ed insolubile: uno sguardo decisamente profondo per cogliere i segni della crisi in un momento in cui anche in parrocchiette come quella da cui vengo – poco più di 600 abitanti negli anni ’80 – c’era una comunità di tre suore.
Per lui il rischio era chiaro: sarebbe venuta meno la presenza delle donne consacrate nelle parrocchie, nei luoghi dove quotidianamente e nel modo più feriale si realizza la cura pastorale del Vescovo.
Per questo sollecita padre Zanoni a cercare se ci fosse qualche possibilità di raccogliere giovani donne per questo servizio a cui aveva “chiamato” le giovani di Azione cattolica e le religiose nei discorsi degli anni precedenti. Per questo egli stesso aveva condotto ricerche su forme di consacrazione di questo genere in Europa.
Ecco, la prima scintilla del nostro Istituto è nella passione di un Pastore per il suo popolo che si incrocia con l’esperienza di donne - spesso impegnate nell’AC - appassionate della cura della loro comunità parrocchiale accanto ai loro parroci e desiderose di dedicare la vita a questo servizio, cercate e raccolte con passione da padre Zanoni. Passeranno diversi anni fino al momento in cui le prime due giovani diventeranno Ausiliarie Diocesane (1974) emettendo i voti nelle mani del Card. Colombo e promettendo “piena disponibilità all’Arcivescovo di Milano”.
Questa nascita è stata ben sintetizzata da Papa Francesco nel discorso che ha preparato per l’Udienza per il nostro quarantesimo di fondazione (14 dicembre 2019): La vostra storia dice che non siete nate “a tavolino”, tanto meno per una esigenza ideologica, ma siete nate dalla vita, dall’esperienza di apostolato associato, specialmente nell’Azione Cattolica…Siete nate dalla collaborazione con i preti nella pastorale parrocchiale e diocesana. Questo è molto importante.
I diversi nomi con cui ci descriviamo dicono le dimensioni fondamentali della nostra vita, dimensioni che è impossibile mettere in ordine di priorità perché così intimamente correlate l’una all’altra.
Siamo donne della Resurrezione, perché nasciamo dalla Pasqua e l’annuncio della Pasqua è in noi una urgenza che impegna definitivamente la vita (St. 7); urgenza che nasce dall’incontro con Gesù Cristo vivo, che ha preso la nostra vita, al quale ciascuna di noi desidera appartenere per cui raccogliamo la vita attorno ai consigli evangelici della castità, povertà e obbedienza.
Siamo donne di Chiesa perché di questa Chiesa, per questa Chiesa e in questa Chiesa. È la cifra della diocesanità – siamo le Ausiliarie diocesane! - che ci caratterizza e che, come ancora ha spiegato bene Papa Francesco, È una delimitazione, certo, ma che ha il senso del radicamento e non della chiusura, della fedeltà e non del particolarismo, della dedizione e non dell’esclusione.
La nostra dedizione si esprime nella disponibilità a collaborare con il Vescovo di Milano nella sua cura pastorale. La carità pastorale...sostiene la vita consacrata e il cammino apostolico della Ausiliaria…determina il nostro modo di pensare, di agire e di rapportarci con la gente;…è un modo di essere della persona chiamata a vivere come Gesù, con lui e di lui (St. 61)
Una disponibilità che viviamo insieme, come Istituto e nella forma della vita comunitaria, segno di quella fraternità ecclesiale che condivide gioie e fatiche per il regno (St 8)
Nel tempo siamo cresciute e siamo cambiate: nuovi servizi e nuove modalità di esprimere la nostra dedizione, non solo nelle parrocchie e nelle comunità pastorali, ma anche nella scuola, in carcere, negli ospedali, abitando luoghi di periferia e povertà, in uffici diocesani… Tutto in obbedienza alla realtà, costituita dai bisogni che il Vescovo ci presenta e dalle possibilità che le nostre competenze, la nostra età, la nostra salute ci fanno intuire come possibili, nell’accoglienza di richieste che dal Vescovo sono venute e nella proposta a lui delle nostre intuizioni. Perché la missione è un’azione di vita e di questa deve seguire i ritmi e per essa si deve trasformare affinché si realizzi il suo scopo, quello che non smette di appassionarmi ogni giorno anche dopo quarant’anni: che questa Storia sia per tutti luogo di salvezza e di santità (St. 7).
Susanna Poggioni



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