DONNE DI SPERANZA/5: Marta di Betania

Frutto dell’immaginazione che prende il volo dalla narrativa scarna del Vangelo, un quadretto come questo, con tutta probabilità, non si discosta dal reale, come è reale la lamentela che Luca sceglie di non tacere: “Non ti importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?” (Lc 10, 38-42).
Solo lei poteva permettersi di apostrofare il Maestro con tali parole, nelle quali sentiamo risuonare il piglio della governante indiscussa di casa e insieme la malcelata e sottile invidia per Maria, la sorella incurante di tutto perché totalmente attratta da Lui.
Eccola, Marta: una donna tanto capace di dare grande amore nella concretezza dei gesti della cura, quanto fragile e imbarazzata nel ricevere gratuitamente l’amore di altri.
Tutti, in fondo, sperimentiamo che è più facile amare piuttosto che lasciarsi amare e, per questo, tutti siamo un po’ come lei: pronti a darci da fare e ad agire per il bene, ma incapaci di dire a noi stessi che l’attivismo ci distoglie dall’essenziale e cioè dall’amore che è dono di Cristo, prima di essere un nostro impegno.
Eppure, come Marta, mentre siamo addolorati per l’assenza del Signore, ci ritroviamo paradossalmente a professare la fede in Lui: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà” (Gv 11, 1-44)
Che sia, questa affermazione, il mistero della Pasqua, impresso come sigillo, in ogni figlio di Dio? Non ne abbiamo certezza, ma fermamente lo crediamo!
Signore Gesù, la presa forte e decisa della tua mano, ci costringa dolcemente a fermarci.
Il nostro eccesso di zelo, le nostre ansie da prestazione possano distendersi
nell’esperienza intima del tuo amore che ci precede
e ci tira fuori dalla frenesia della nostra organizzazione e dei nostri piani.
Signore Gesù, nelle tue piaghe di luce,
ti contempliamo amante appassionato
della nostra umanità piegata dalla durezza del dovere,
dall’inganno del fare bella figura ad ogni costo e dalla competizione con gli altri.
Ti contempliamo, Signore Gesù, nella tua risurrezione,
che ci rialza con forza dagli spazi ristretti dei nostri calcoli
e ci ridona vita, dignità, riposo.
Signore Gesù, ti contempliamo misericordioso
e ti chiediamo di aprire il nostro cuore alla misericordia verso gli altri
e, ancor prima, verso noi stessi e le nostre fragilità.
Noi vogliamo credere che fu proprio Marta a raccontarti
di aver spazzato tutta la casa per cercare una moneta perduta
e ad averti così ispirato la seconda delle tre parabole della misericordia.
Daniela Mapelli, Cinisello Balsamo
CARLO MARIA MARTINI E GLI ANNI DI PIOMBO
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