n. 42: Attività pastorale integrata

PROPOSIZIONE 42: ATTIVITA’ PASTORALE INTEGRATA
 
Ogni Chiesa particolare è la comunità primaria della missione della Chiesa. Deve animare e guidare una rinnovata attività pastorale in grado di integrare la varietà dei carismi, dei ministeri, degli stati di vita e delle risorse. Tutte queste realtà devono essere coordinate all’interno di un progetto missionario organico, capace di comunicare la pienezza della vita cristiana ad ognuno, progetto missionario organico, capace di comunicare la pienezza della vita cristiana ad ognuno, specialmente a coloro che si sentono lontano dalla cura della Chiesa. Tale sforzo deve derivare dal dialogo e dalla cooperazione di tutte le componenti diocesane, tra cui: parrocchie, piccole comunità cristiane, comunità educative, comunità di vita consacrata, associazioni, movimenti e singoli fedeli. Ogni programma pastorale deve trasmettere la vera novità del Vangelo ed essere incentrato sull’incontro personale e vivente con Cristo; deve essere anche strutturato per suscitare in tutti una generosa adesione alla fede ed una volontà di accettare la chiamata ad essere suoi testimoni.
 
Nel commento alla presente proposizione desidero sottolineare almeno tre aspetti che aiutano a mettere a fuoco cosa significa il termine “Pastorale integrata”: il primo tocca la Chiesa Diocesana, il secondo suggerisce l’impostazione pastorale a cui è chiamata ciascuna comunità parrocchiale nello svolgere la missione evangelizzatrice, il terzo indica quelle attenzioni irrinunciabile dell’agire pastorale che sono proprie della Chiesa che vuol essere davvero missionaria.
1.La pastorale integrata, sollecitata dai Vescovi italiani ormai da anni, è espressione di una comunità operativa che, a partire dalle esigenze della missione, valorizza carismi e soggettualità ecclesiali.
Occorre un ripensamento delle risorse personali, comunitarie e strutturali della pastorale diocesana, motivata da una spiritualità di comunione e di valorizzazione delle singole soggettività e storie in gioco e non costretto, in un futuro veramente prossimo, dalla mera mancanza di presbiteri.
E nell’ordine della missionarietà, anima di questa opzione pastorale, si possono superare antiche contrapposizioni tra parrocchie, movimenti e religiosi.
E’ infatti, in funzione dei bisogni del territorio o della situazione pastorale che si vuole servire che si attivano le competenze e le sinergie necessarie per l’obiettivo da realizzare. Per ulteriori approfondimenti vedi CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia n. 11 – 2004.
 
2.Evidenziando un ulteriore aspetto insito nella pastorale integrata, è senza dubbio la dinamica pedagogica della Traditio – Receptio – Redditio, poiché applica in modo esemplare questa “integrazione”:
la fede è dono e suppone una comunità che se ne faccia mediatrice e portatrice (traditio).
•La fede suppone un’accoglienza libera e la possibilità di essere coltivata con un atteggiamento attivo (receptio).
La fede è feconda, opera nella carità e prende volto nel celebrare, nel testimoniare e nel servire (redditio).
In conseguenza, applicando questa indicazione pastorale ad esempio in un itinerario di Iniziazione Cristiana ispirato al catecumenato, non possiamo dimenticare che le tappe del percorso che di volta in volta si susseguono, non sono simboliche, ma esprimono veramente un passaggio avvenuto, una conquista fatta, un comportamento acquisito. Occorre promuovere la maturazione di fede e soprattutto bisogna integrare tra loro le varie dimensioni della vita cristiana: conoscere, celebrare e vivere la fede (per ulteriori approfondimenti vedi CEI, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, n. 7 La Chiesa madre genera i suoi figli nell’iniziazione cristiana – 2004).
Teniamo conto ad esempio di quali siano le attività, la vita ordinaria, delle nostre parrocchie. Facendo concretamente un elenco, ci accorgeremmo che ogni parrocchia, presenta una molteplicità di attività pastorali che ruotano attorno a quattro grandi temi portanti che costituiscono l’indole propria dell’essere Chiesa: esse sono la Liturgia, che rende presente il Signore risorto nella comunità cristiana che dona la Sua Grazia santificante, la Catechesi, che insegna e annuncia la Parola di Dio e la viva Tradizione della Chiesa, cioè la sua vita interna e il suo rapporto con gli uomini di buona volontà, la Carità nella espressione della vita fraterna e dell’attenzione verso i poveri, la Missione, come testimonianza e annuncio del Vangelo.
Per ognuna di queste “attività” è sempre utile rispondere a cinque “messe a fuoco” per poterle incarnare in ogni singola realtà: chi – cosa – dove – quando – perché.
Teniamo conto che ogni aspetto della vita della comunità e ogni sua espressione serve per introdurre alla vita cristiana, questo riguarda sia i bambini ma anche i loro genitori che forse ultimamente se ne sono un po’ allontanati.
Occorre poi aver chiaro sempre quali sono i destinatari, lo scopo che abbiamo, quali i luoghi adatti da utilizzare, quali persone interessate o da poter coinvolgere.
Parafrasando S. Paolo, il grande apostolo delle genti, tutto è lecito ma può anche essere non necessariamente opportuno. Ad esempio un itinerario catechistico che voglia essere integrato deve rientrare nel Progetto Pastorale della comunità cristiana del luogo, e interrogarsi sempre su quale sia il motivo che fa muovere.
Al tempo stesso, non bastano né la parola né l’impegno o la coerenza di vita. Perché il cristianesimo non è semplicemente una dottrina o una ideologia, ma è riconoscere la Persona di Gesù Cristo come Salvatore, riconoscerlo come Dio che mi cerca e desidera essere presente nella nostra vita, Lui che ce ne offre una più grande (la vita divina). 
 
3.Vi è un ultimo aspetto da considerare richiamato nel Convegno Ecclesiale di Verona del 2006: accanto ai fondamentali cardini dell’azione ecclesiale  Liturgia, Catechesi, Carità, Missione, perché il cammino di fede nella vita cristiana sia effettivamente integrato,  occorre imparare lo stile che voglia incontrare le persone nelle concretezze della loro vita personale e che tenga conseguentemente conto di almeno cinque ambiti della vita quotidiana, quali  la vita affettiva, il lavoro e la festa, la fragilità, la tradizione, la cittadinanza, così da incarnare l’annuncio di Gesù Signore e Salvatore. Ciò è infatti decisivo perché ciascuno sia testimone negli ambiti della sua vita. E’ evidente che la Sacra Scrittura è sempre la fonte e il riferimento: essa non cessa di parlare di affetti, di malattie, di questioni sociali, di genitori e di figli, di festività e di lavoro e di come Dio entri nelle pieghe delle varie storie dei personaggi per essere una presenza di Padre, di Salvatore, di Redentore per ciascuno.
 
“Si è missionari prima di tutto per ciò che si è, come Chiesa
che vive profondamente l’unità dell’amore, prima di esserlo
per ciò che si dice o si fa”.
Redemptoris Missio n. 23
 
 

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