Esattamente questo ‘furono attratti dal Signore’ è l’inizio, la sorgente, il cuore pulsante da cui sgorga l’amore e il senso di ogni missione, che fa sporgere il capo al di fuori delle pareti di casa e mette in movimento verso gli altri, nel segno della reciprocità del dono che si offre e si riceve.
Anche oggi, la chiamata ad essere discepoli del Signore precede quella dell’essere apostoli: è per questo che nel corso di questo mese di ottobre, proponiamo, sullo sfondo dell’attenzione missionaria, la testimonianza vocazionale di alcune sorelle che, ricordando anniversari significativi di consacrazione, rinnovano la disponibilità ad andare oltre i confini del cuore, verso le periferie esistenziali vicine e lontane, a partire dal ‘territorio dei giovani’ che, come sempre, è il campo più bersagliato e più fecondo di vita.
I primi cristiani andarono tra le genti a testimoniare “quello che avevano visto e ascoltato: il Regno di Dio è vicino. Lo fecero con la generosità, la gratitudine e la nobiltà proprie di coloro che seminano sapendo che altri mangeranno il frutto del loro impegno e del loro sacrificio. Perciò mi piace pensare che «anche i più deboli, limitati e feriti possono essere missionari a modo loro, perché bisogna sempre permettere che il bene venga comunicato, anche se coesiste con molte fragilità».
«Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20) è lo slogan della prossima Giornata Missionaria Mondiale e lo spirito in cui si raccontano: