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I LUOGHI DELLA FRATERNITA'/ 3: accanto ai carcerati

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foto nucciaMi è stato chiesto: “Vuoi condividere qualcosa della tua esperienza di servizio in carcere? Non temere sappiamo che è lontana nel tempo (si parla degli anni novanta) ma…”
Ho accolto la proposta perché non è insolito per me attingere a questo scrigno di memorie e perché l’incontro con questa realtà è stato un dono grande che ha segnato la mia giovinezza.
I volti, le parole, i pensieri condivisi con uomini, donne, giovani, che arrivavano da tutte le parti del mondo, compresi i bimbi che abitavano in cella con le loro mamme, mi sono rimasti scritti nel cuore e mi hanno educato lo sguardo.
Molto forte è stato il primo impatto, l’incontro con queste persone, il camminare davanti alle celle, lo stringere tra le braccia i piccoli che allungavano le loro manine per essere coccolati, fermarmi per incontrare ciascuno, reggere il silenzio dove le parole non servivano e offrire ascolto per dare la possibilità di uno sfogo... Ricordo ancora l’impeto di rabbia di un ragazzo che mi disse: “Dov’eri quando io avevo bisogno di te?”
E poi, ancora, ascoltare le tante storie e lasciarmi abitare dalla sofferenza consegnatami e sentirmi inutile davanti a un cuore chiuso e duro, lavorato e trasformato da quella “roba” che non permette più di riconoscere in sé la dignità di creatura.
Guardare quegli occhi, perdermi in loro portando l’unica ricchezza: la parola di Gesù nella quale ci ritroviamo tutti figli cercati, amati, accompagnati, perdonati…

Un giorno incontrai un uomo molto sicuro di sé che mi accolse in malo modo dicendomi: “Sai perché sono qui? Solo perché ho questa faccia e sembro un delinquente, semplicemente perché il cerchio non può diventare quadrato…”.
La voce e le parole di quell’uomo continuavano a risuonare in me, tanto che raccontai, tra i bimbi della scuola dell’infanzia, di un mio amico e del suo cerchio che non poteva diventare quadrato. Un bimbo di 4 anni, in tutta la sua semplicità, mi pregò di disegnare un cerchio e poi, prendendo le forbici, ne tolse la rotondità e consegnò nella mia mano un bel quadrato. Con un grande sorriso mi disse: “Portalo al tuo amico”. Ho fatto come il bambino mi aveva chiesto e ho visto quell’uomo nascondersi per piangere.
In quel momento, ricordo di aver riconosciuto in quelle lacrime e in quegli occhi il grande amore di Dio, pronto a chiamare tutti per nome e a dare sempre a ciascuno una nuova possibilità per rispondere con amore all’Amore…
Tra le mura del carcere, inaspettatamente, ho trovato una perla preziosa da custodire.

Nuccia Marnati
Parrocchia Ognissanti e SS. Monica e Agostino in Rozzano
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