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DAL CAMMINO ALLA CORSA / 3 Tornare senza indugio al luogo del delitto

Data pubblicazione
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articolo 3 Silvia M autore ArcabasSi può dimorare nel luogo del dolore?
Si può permanere laddove è esplosa la violenza?
Si può persistere nello spazio in cui è stata crocifissa la speranza?

«Le Tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono… sono pure dei discepoli di Cristo». L’evangelista Luca sembra volerci comunicare che dall’esperienza dell’afflizione, perfino i seguaci di Gesù prendono le distanze. I discepoli, dopo la morte cruenta del Maestro, si muovono in direzione opposta - con un certo disincanto - verso Emmaus, la città il cui nome “primavera mite” esprime la ricerca di una tregua dallo spasmo del male. Ma la geografia del territorio ci rivela un cammino lento e in salita!

 


Il volto triste, gli occhi spenti, i discorsi amareggiati. I discepoli ripercorrendo le vicende vissute ne assumono il dramma al punto da impegnarsi con una nuova identità: Clèopa. Già Carlo Maria Martini descriveva l’etimologia del nome proprio di uno fra coloro che si allontanavano dalla città della morte in modo fortemente simbolico: da “Pas” che vuol dire tutto e “Kleos” cioè notizie. Commentava: «è insomma il simbolo dell’informazione che pensa di poter raccontare tutto, ma che non sa cogliere il senso di quello che racconta. Così si adagia sul senso più facile, il senso della lamentazione, dello scetticismo, dell’amarezza».
A rinvigorire la via del discepolo che si carica dei pesi aggrovigliati della storia è Gesù stesso che si avvicina e accompagna nella strada. Succede ogni volta che si fa proprio un dolore presente nella vita degli uomini e si accetta di portarne il peso perché «nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». È allora che l’ardore della Pasqua si manifesta nella storia, l’annuncio delle donne diviene credibile: “il Signore è veramente Risorto”, gli occhi imparano a riconoscerlo, le Scritture dispiegano il senso degli eventi!
Oggi diremmo che «il tempo è superiore allo spazio» non per l’illusione che si possano chiudere gli occhi nel luogo dei soprusi, ma proprio nel paradosso di spezzare il pane lungo il tempo insieme a chi li patisce. Dal luogo del delitto più atroce che l’umanità conosca – l’uccisione del figlio di Dio - si parte senza indugio per sperimentare nel tempo che il suo Corpo è vivo e il processo per ristabilire la giustizia corre insieme al Vangelo, suscitando le gioie e le speranze degli uomini di oggi.

Per andare in profondità
Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto». Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». (Lc 24,13-34)

Silvia Meroni, ausiliaria diocesana

 

 

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