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Tu sei l’atteso! – 2. Una voce che grida più forte delle nostre malinconiche paure

“Il mondo vuole il sonno. Il mondo non è che sonno. Il mondo vuole la ripetizione addormentata del mondo. Ma l’amore vuole la veglia. L’amore è la veglia ogni volta reinventata, ogni volta una prima volta. La prima volta, i primi passi, il primo sorriso, le prime lacrime sono viste dal mondo come se dovessero necessariamente condurre alla seconda più facile della prima, più agevole in quanto più macchinale, e la seconda porterà ad una terza ancora più facile, già sonnambula; così per lenta degradazione, per usura, si giungerà fino all’ultima volta, fino all’ultimo sbadiglio di tutto.”
Questo piccolo paragrafo si trova nel testo “Francesco e l’Infinitamente piccolo” di Christian Bobin e aveva colpito molto tutti noi che lo condividevamo durante le sere di vita comune: ricordo qualche intervento del gruppetto giovani scadere nella spiritualità del “va bene se non mi capita nulla di stravolgente. È già impegnativo sopravvivere “
Mentre si parlava però, ci si accorgeva di una voce che gridava più forte delle nostre malinconiche paure, il bisogno di Dio a cui non sai dare parole, ti dice che solo l’amore infinito ti riempie.  La veglia allora, diventa tempo di ascolto di te stesso e del mondo, di preghiera in cui risuona e senti nello scorrere dei giorni la mano di Dio all’opera nella tua conversione: il suo regno è vicino.
L’attesa famelica del gatto che attende il topo uscire dalla tana; l’attesa prudente di una madre prima del parto; l’attesa sofferente di un ammalato che aspetta la morte: tutti attendiamo.
Il cristiano attende il Signore oggi, credo, ormai solo per amore.

Mt 3,1-12

In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!».

Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. 

Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: «Abbiamo Abramo per padre!». Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

                                                                                                               Elena Comignani, Ausiliaria diocesana a Seggiano

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