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"Donna, chi cerchi?": la tenacia

LA DONNA SIRO-FENICIA: Mc 7,24-30
 
CONTESTO 
 
Contestualizziamo il brano a partire dalla prima moltiplicazione dei pani (Mc 6,30-44). 
Ci viene raccontata un’attività senza sosta dove i discepoli non hanno neanche il tempo di mangiare e un Gesù che vuole prendersi cura dei suoi: li invita in disparte in un luogo deserto, è un piccolo esodo, per trovare “riposo”, per vivere l’intimità con Lui, per ascoltare una parola che può solo essere sussurrata a “tu per tu”. Un’intimità che diviene casa perché solo in Lui troviamo casa, negli altri luoghi siamo sempre esuli, pellegrini di passaggio o fuggiaschi…
Ma ecco che molti intuiscono seguono, anzi precedono Gesù e i suoi. Ed ecco ancora la compassione di Gesù, un sentimento forte ed intimo, che lo porta a prendersi cura della folla. Ora c’è un dare in cibo prima la parola e poi il pane. 
E poi un Gesù che “costringe” i discepoli: perché a volte, quando si è travolti dalle molte cose da fare, quando si è travolti da “successi”, non è facile lasciare e andare altrove… Poi Gesù  lascia i discepoli, che devono precederlo sull’altra riva, e si ritira a pregare; arriva la sera Gesù vede i suoi affaticati nel remare (per il vento contrario)… Lui vede la nostra fatica! Ci sembra lontano, assente, eppure Egli non smette un attimo di vegliare su di noi, come fa una madre con il proprio bambino, biblicamente: come un’aquila veglia sulla propria nidiata (Dt 32,11). Li raggiunge camminando sulle acque simbolo di morte, Gesù cammina sopra tutto ciò che rischia di farci annegare… Gesù è il Signore di tutta la nostra vita, del nostro mare di attività…  ma questo crea paura, vi è un grido… La paura di riconoscergli il primato sul nostro mare, la paura che il Signore come un fantasma venga ad espropriarci di qualcosa … Marco dice che “ non avevano compreso … Comprendere che colui che sfama, che si fa Pane per la vita, non è un ladro un rapinatore, ma è Vita che si vuole comunicare donare, è Vita perché tutti abbiano la vita in abbondanza… avevano  il "cuore indurito” (Mc 6,52) ancora barriere personali e profonde. 
Arrivati all’altra riva ora è Gesù che si trova in mezzo ad un mare di malattia: di “non vita”. Un mare di gente che vuole toccare Gesù per essere guariti.
Più da vicino il nostro brano  si situa nella lunga discussione tra Gesù e un gruppo di scribi e farisei sulle tradizioni  e sulle tematiche del puro e dell’impuro, in modo particolare ciò che riguarda il cibo e i pasti. Tutto nasce dalla libertà dei discepoli di prendere cibo senza aver fatto le abluzioni, nella quale Gesù dichiarando che “non c’è nulla fuori dall’uomo che entrando in lui possa contaminarlo” (Mc 7,15) inizia ad abbattere i muri di separazione. La legge ha sempre la funzione di regolare il male, di contenerlo, Gesù supera la Legge: la sua Parola non ha la funzione di regolare il male, ma di donare la vita: è Parola generativa! Ancora di più nel nostro brano dove verrà annullata la separazione tra giudei e gentili.
E’ interessante vedere anche ciò che viene subito dopo il nostro brano. Abbiamo la guarigione del sordo muto con l’espressione “effatà” cioè apriti (Mc 7,34) anche qui assistiamo al crollo di una barriera personale che separava da tutto e da tutti. Gesù può vincere le resistenze profonde che ci abitano, dobbiamo però lasciarci condurre in disparte, dobbiamo permettergli di toccarci …  “emise un sospiro” sulla croce si dice “emise lo spirito” (Mt 27,50) a Gesù costerà la vita il desiderio di aprire la nostra vita all’ascolto della sua Parola del suo amore. Gesù donerà la sua vita perché tu, io , noi, potessimo aprirci a Lui e agli altri. Poi la seconda moltiplicazione dei pani.
Veniamo così a formare una sezione dove l’avere fame, lo sfamare, il pane sono elementi in comune. Così come il toccare, il guarire, l’ascoltare. Ma ci appare, anche una contraddizione. Gesù che nelle due moltiplicazioni sfama in abbondanza (ci sono ceste di pane avanzato) sia giudei che gentili, qui ci appare in una posizione di rifiuto!
 
Possiamo già fermarci a guardare alla nostra vita, al nostro “mare, alla fatica che facciamo a sospendere ad un uscire per andare in un luogo in disparte ….chiedo al Signore di arrivare a “costringermi” … Chiedo la grazia di consegnare le mie fatiche paure, di saperlo riconoscere come il Signore della mia vita!
 
 
GESU' STRANIERO... IN TERRA CASA STRANIERA
 
v 24a: Gesù si fa straniero.
Fermiamoci un attimo a guardare Gesù che parte, sembra da solo, da straniero. Gesù è in terra straniera, in terra pagana, quasi fuggiasco perché già serpeggia la decisione di ucciderlo. E’ da solo, compie un piccolo esodo, è in cerca di un’intimità e, forse, non sa che ci sarà una parola “sussurrata con insistenza” per lui, entrerà in un “Tu per tu” inaspettato e veritiero.
 
v 24b: una casa.
Entra in una casa dove, ancora, sembra non esserci nessuno che lo accolga. La casa dice una storia una vita fatta di relazioni, ma questa sembra vuota! E allora questa casa la posso far diventare la mia casa: la posso riempire della mia storia, delle mie relazioni, dei miei affetti, spesso taciuti (come è  il silenzio a riempire questa casa). Gesù vi entra, entra nella mia casa. Vi entra  solo, con il suo desiderio di nascondersi: non cerca la gloria, il clamore, ma arriva silenziosamente perché è solo nel silenzio nella calma nel segreto dell’intimità che avviene l’incontro vero.
 
Mi fermo e contemplo questo Gesù: mi appare stanco, con il cuore affaticato dall’incomprensione… contemplo questo Gesù che si fa mendicante d’intimità!
Chiedo la grazia di farlo entrare in questa mia preghiera.
 
 
IL DESIDERIO FALLITO 
 
v 25: un “fallimento”.
Ma questo tentativo sembra fallire! “Non potè rimanere nascosto”,  così come non rimane nascosta la lampada accesa (Mc 4,21), Gesù non lo senti quando arriva ma ne percepisci la presenza: vi è una luce, una serenità…Gesù entra silenziosamente nella tua vita, quasi a nascondersi in te. E se Paolo dirà: “la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio” (Col 3,3), sembra che queste parole possono realizzarsi per iniziativa di Gesù che si nasconde con Dio in noi.
 
Fermati e contempla Gesù che entra nella tua vita, che vuole “nascondersi” nel segreto della tua intimità, dove spesso neanche tu arrivi... Chiedi la grazia di raggiungerlo lì dentro di te.
 
 
UNA DONNA TENACE
 
v 26: e la casa si riempì… di una donna e della sua storia….
In un attimo questa casa si riempie con l’arrivo della donna: ora nella casa risuona il suo respiro affannoso, la sua storia, la sua sofferenza. La sofferenza per una figlioletta che è ciò che di più caro può avere una madre, la figlia è colei che ti assomiglia che ha i tuoi stessi tratti modi… ma non  è così per questa donna: la figlia è posseduta da un demonio che la separa da lei la rende straniera. Di questa donna sappiamo che è greca: che è pagana; che è siro-fenicia ciò straniera. Lei straniera in quel luogo e, sua figlia che le è straniera! 
Una sofferenza dalla quale la donna non si lascia paralizzare, ma “appena seppe di lui”. C’è una prontezza e c’è un sapere. Ma cosa sa la donna di Gesù? Forse ne avrà sentito parlare, sai le chiacchiere di paese, che ti tengono occupata e alle quali non prestare un attenzione profonda; al contrario questa donna conosce bene il suo dolore, lo sta portando ormai da tempo, lo sta portando lei da sola! Dolore che ti fa muovere, anzi ti fa correre e “gettarti ai piedi” di uno straniero. Senza quasi accorgerti eccoti lì ai piedi, in un atteggiamento che è sì di adorazione, ma è anche gesto che ti umilia  o meglio che dice il sapersi umiliati fino a supplicare come fanno i mendicanti ai margini della strada. La donna assume una posizione che la rende piccola e impotente come la sua figlioletta, che dice il loro sentirsi ai margini della vita.
 
Fermati e guarda questa donna. Un dolore che mette in cammino che affretta i passi: prova a guardare ai tuoi dolori… ti mettono in cammino o ti paralizzano? Cosa ne fai di essi? Chiedi la grazia di non lasciare che i tuoi “mali” divengano i tuoi “signori”, chiedi la grazia di aprirti per poterti incamminare verso la vita.
Guarda a Gesù: cosa conosci di lui? Come lo conosci? 
 
 
UN DIALOGO SCHIETTO
 
v 27-28: la non risposta … il dialogo tenace… Una nuova apertura
La risposta di Gesù che in realtà sembra una non risposta. Gli è presentata una situazione precisa e lui parla di fame, di pane. Inoltre, sembra risposta che arriva da un cuore indurito. Ma nelle parole di Gesù non vi è un “no”, egli pone una condizione temporale “ lascia prima che si sazino i figli”. Parlando dei figli Gesù sembra dentro ad una barriera, ad un confine dato dalle parentele familiari così diverso dall’espressione “effatà. Apriti”. 
“Non è bene” la tradizione, il buon senso … Gesù sembra cercare una giustificazione! “Prendere il pane dei figli”: il pane è la salvezza portata da Gesù, è il suo messaggio, è la guarigione, tutto questo è per i figli! Non lo si può “gettare ai cagnolini”. Gesù sembra essere sempre più offensivo. Gettare: dice un gesto di disprezzo, ai figli si da’ si passa si comunica … Cagnolini: i cani erano considerati animali impuri. Essere chiamati cani era un offesa! Ma qui, notiamo un diminutivo quasi preludio di una possibilità.
La donna non demorde! Non si lascia offendere, anzi dimostra un coraggio, un essere decisi, una tenecia, come Abramo nella sua preghiera di intercessione per Sodoma (Gn 18,16-33). Sa cogliere la possibilità offerta da Gesù e continua il dialogo con gentilezza.
“Signore” è la prima volta che Gesù viene chiamato così, una straniera gli riconosce la sua identità. “Anche i cagnolini”  e ora la donna non si nega la sua situazione, accetta la sua identità, l’ha accolta, non se ne vergogna, e la dichiara. Questa donna non ha bisogno di maschere, non si nasconde dietro a pseudo identità: ha il coraggio di essere ciò che è. E così può portare Gesù lì dove è lei: sotto la tavola. Obbliga Gesù a cambiare visuale a guardare da sotto ed accorgersi che non c’è un prima e un dopo: mentre i figli si sfamano lo fanno anche i cagnolini. Ai figli viene dato il pane, ai cagnolini bastano le briciole: questa donna non vuole ciò che sa non le spetta le bastano le briciole gli avanzi degli avanzi (ciò che cade dalle ceste dei pani avanzati nelle moltiplicazioni), non chiede il di più ma neanche il necessario: ha fiducia che delle briciole possono bastare. La donna abbatte le barriere temporali e spaziali (prima-dopo, sopra-sotto) perché ha la certezza che c’è qualcosa che si può condividere.
 
Fermati e contempla  in questo dialogo la  donna colei che sa portare al cuore della situazione senza entrare nel conflitto, senza lasciarsi scoraggiare.
Una donna che arriva ad assumere atteggiamenti che toccano la dignità, che riceve una risposta che appare lontano dal suo problema, sembra su un altro piano … Ma è donna che sa alleggerire la propria situazione, né è consapevole senza lasciarsi schiacciare …. E contempla un Gesù che da lontano si lascia gradualmente educare si fa’ vicino.
Chiedi la grazia della perseveranza e della tenacia come dono per una vita che sia in pienezza e in verità.
 
 
IL RITORNO 
 
v. 29-30: tornare a casa
La donna riesce ad entrare nel cuore di Gesù. La sua debole parola è stata in realtà parola potente che ha scardinato gli schemi di Gesù, gli ha fatto cambiare idea. Gesù la rimanda dalla figlia che ormai è guarita grazie alla parola della madre, neanche viene menzionata la fede!  Gesù non pronuncia nessuna parola di esorcismo sulla figlia, egli riconosce l’opera compiuta dalla parola della donna. La donna torna sicura a casa sua, porta nel cuore una speranza certa di salvezza. Torna a quella che fisicamente è casa sua, dove vi è sua figlia, ma in realtà da ora in poi la sua casa sarà altrove: casa ora è una relazione nuova vera e profonda con Gesù; il nostro testo termina con queste parole: “e il demonio se n’era andato”… qualcuno è uscito e Qualcun altro è entrato, ha preso dimora. Gesù “torna” si apre, supera i confini, ora la sua dimensione è universale, ora e “per tutti”.
 
Come torno alla mia casa? Ma dove hai casa? Con quale speranza certa ritorni? Chiedi la grazia di abitare la tua vita con il Signore risorto.
 
 

Chicca
 
 
 
 
 
 
 

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